Oltre a mostrare la sua conoscenza enciclopedica sui luoghi di romanzi, film e fumetti, nel suo ultimo lavoro, Storia delle terre e dei luoghi leggendari, Umberto Eco ci parla del ‘contratto finzionale che ci lega alle parole dell’autore’.
Non sappiamo dove fossero i giardini di Armida del Tasso, l’isola di Calibano, né Lilliput, Brobdingag, Laputa, Balnibarbi, Glubbdubdrib, Luggnagg e il paese degli Houyhnhnms dei Viaggi di Gulliver, l’isola misteriosa di Verne, lo Xanadu di Coleridge (anche se una Xanadu fittizia aveva ricostruito Orson Welles in Citizen Kane), le miniere di Re Salomone, in quale punto sia naufragato Gordon Pym, dove fossero l’isola dei mostri del dottor Moreau, il paese delle meraviglie di Alice, e tutti i principati delle operette, da Ruritania a Parador, Freedonia, Sylvania, Vulgaria, Tomania, Bacteria, Osterlich, Slovetzia, Euphrania, al ducato di Strackenz e ai regni di Taronia, Carpaia, Lugash, Klopstokia Moroniaca, Syldavia, Valeska, Zamunda, Marshovia e alle repubbliche di Valverde, Hatay, Zanfgaro, Hidalgo, Borduria, Estrovia, alla Pottsylvania, a Genovia e Krakozhia, sino al regno di Ottokar nei fumetti di Tintin.
Non sappiamo dove fossero l’isola di King Kong o la Terra di Mezzo di Tolkien, la caverna del teschio dei fumetti di Phantom (l’Uomo Mascherato) nell’improbabile giungla di Bengali, il pianeta Mongo e il mondo sottomarino dove Flash Gordon viene catturato dalla regina Undina, le città dove vivevano e vivono ancora Topolino e Paperino, Narnia, Brigadoon, lo Hogwarts di Harry Potter, la fortezza Bastiani del Deserto dei Tartari di Buzzati, Jurassic Park, l’Escondida di Corto Maltese.
Se la Gotham City di Batman è presumibilmente una New York tenebrosamente trasfigurata, rimangono introvabili Smallville, Metropolis e Kandor, che nelle storie di Superman il malvagio Brainiac ha catturato e miniaturizzato in un contenitore di cristallo. E certamente non esistono le splendide città invisibili di Calvino e, ahimè, benché ne sia stata tentata una ricostruzione commerciale notevolmente deludente, non vedremo mai più il Café Americain di Rick, a Casablanca. D’altra parte nessuno ha mai immaginato che esistessero realmente i luoghi raffigurati nella Carte du Tendre, mappa di un paese immaginario di cui aveva raccontato nel XVII secolo Madeleine de Scudéry, nel suo Clélie. Così come possiamo soltanto sognare il luogo più vasto e indicibile tra tutti, quello che Borges racconta di aver visto da un pertugio posto sui gradini di una scala, l’Aleph, il punto da cui egli ha contemplato e tentato di descrivere l’universo infinito.
Tra i luoghi romanzeschi potremmo elencare anche quelli che non esistono ancora, e cioè tutti quei luoghi di fantascienza, a partire da quelli classici, come la Parigi del Duemila immaginata da Robida nell’Ottocento. Ma forse queste fantasie sono classificabili tra le utopie, positive o negative che volessero o vogliano essere.
In ogni caso tutti questi, di cui ci stiamo occupando in questo capitolo (senza pretendere di esaurirne la lista infinita), non sono i luoghi dell’illusione leggendaria bensì della verità romanzesca. Qual è la differenza? È che (persino nel caso di Robinson) ci siamo convinti che essi non esistano e non siano mai esistiti, tanto quanto l’Isola Che Non C’è di Peter Pan o l’Isola del Tesoro di Stevenson. E nessuno tenta di andare a riscoprirli, così come invece molti hanno fatto con l’Isola di San Brandano – a cui per secoli si è creduto davvero.
Questi luoghi non eccitano la nostra credulità perché, per il contratto finzionale che ci lega alle parole dell’autore, pur sapendo che non esistono, facciamo finta che siano esistiti – e partecipiamo da complici al gioco che ci viene proposto.
Umberto Eco
Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).