Selezione a cura di Dario Bertini.
Da “cosa bella cosa” (1977)
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potrebbe essere quella la scena:
lei che lava i piatti
il grembiule sulle anche magre
(attendere
è diventare colpevoli)
(chi non è subito
diventa un altro)
così non so
se quello era il tuo seno
sotto quel grembiule
se c’ero anch’io
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il lavandino al piano di sopra
così vicina mio corpo città
in un soffio
cadono calze di seta
(una fortezza è l’individuo)
(alte cosce e dignità)
(ma voi lucenti stelle e voi
pesanti pianeti – che mai v’incontrate
da vicino)
(invisibili tracolli – vostro astuto piacere)
siate benigni
in questa notte umana
ditele che avvenga il piccolo caos
(un frufru di seta)
un fatto che intercede
forcine di finta tartaruga
i bigodini nel cassetto
aspettare che salga la caffettiera
come doppiare il soggetto.
Da “trattatello incostante” (1980)
RACCONTINO DA FERMO
almeno lasciami sembrare, città,
come le tue strade vuote di domenica
le vie del cielo che ridicono: tutto l’esistente
è benzina sul fuoco!
lasciami partecipare, ti chiedo,
con tutte le mie parentesi chiuse,
(ehi sono io – infine ti dirò)
(sono l’aria sotto la tua gonna)
parole con le quali
da tanto mi percuoto
come la finestra che sbatte
mentre non tira un filo d’aria.
se tu vedessi, milanesa,
lo stile delle tue ginocchia
chi vuoi che pensi
al tuo astuccio dei colori
all’elastichino nei capelli
se non chi per niente
toccava i setti cieli?
non saprei cosa dire
in merito al pieno e al vuoto
fino al cavalcavia di via Meda
questo attardarsi
nello spazio comune
dove nessuno chiede niente
benevolenza dell’ignoto
all’improvviso è un fuggi fuggi
chi prende le calze i fazzoletti
già da questo puoi capire.
sono uscito per vederti
in questo stato critico
come se la gioia
fosse la prova del nove?
con le aste e i puntini
suprema chiarezza
chicchi di miglio
luminosi granellini
perché dunque? il viso schiacciato
contro la gonna della maestra?
è adesso che vorrei trasformare
i sospiri in quel viavai
di orecchini
i tuoi sonagli senza audio
come le ciglia che si alzano
e i laghetti di luce
pupille
se io fossi una conseguenza
grazie tante lo stesso
(può durare più di un’ora)
la chiesa di San Gottardo
è un’alcova, Anna
dove si dissanguano
preghiere
immuni dal linguaggio
che distingue
irresistibile bisbiglio
perdona se non so usare
lo shock che portiamo nel cuore
i socialisti hanno fallito
per primi?
e il tuo sguardo?
non guardarmi – avevo implorato
se ci pensi è la resa perfetta
la nostra posizione di lato.
sei tu la tapparella che si alza
in questa mattina espansiva
la caffettiera che borbotta
di domenica
sono qui con il corpo
al posto del pensiero
a questo punto
non c’è un minuto da perdere
chiunque può fare una strage.
si complica la cosa da sola
(sembra incredibile)
se nessuno la mette in riga
fatta e finita
cosa odierna – che deve bastare
sia breve l’intervallo
tra le sillabe – infinito in agguato
senti che sbuca dalla nebbia
un gigantesco cavallo
il suo zoccolo d’osso
un secco tamburo?
non te lo dico interamente
(è a tuo vantaggio – se ci pensi)
(a nascondino mi trovi in un minuto)
o subito alla fine fischia
infantile sillabare
indicare con il dito
notizie indistinguibili
(ogni espressione
cambia i connotati)
(nella fototessera
il viso è già stravolto)
(oh pazienti poemi)
in quest’ultima rivolta del bene
i più miti da soli si pungono il cuore
oh almeno! – siano ben spesi
gli assoluti più piccoli
biglie di vetro colorato
in giusta dose – il rosso puro.
ma tu produci frasi davvero
(ti ho sentita)
(imburrare hai detto
poi lasci riposare)
parole con cose – fanno una catena
(oh il patto di mancare!
la fedeltà degli orfanelli!)
(mentre imperversa il positivo)
maglioncini girocollo
precipizi tra persone
(tu sei potente potente)
nebbiosa città
inguine silenziosa
unghie lucenti contro il buio
cinque anelli nelle dita.
prima o poi arriva – l’improvviso
mentre mettono
pezza su pezza i viventi
che si guardano – qualcuno dice
vieni!
c’è una foto dell’amata
nel portafoglio dei camionisti
le ragazze si parlano all’orecchio
stringente sillogismo
il pube – orlo delle mutandine
chiamata degli eletti
eppure erano insieme
nel banco di terza
lei ancora con le cosce magre
mastica la matita – aspetta l’interrogazione
poi gli tolse
una pagliuzza dalla manica
e suonarono tutte insieme
le campane dell’incoronazione.
ti direi che colma
di grazia – interamente nata
sei tu – quella che attraversò
tutti i nomi comuni
sovrabbondanza che si dispera
improvvisa come uno slancio
la gonna sopra il ginocchio
fu come un grido provocante
la riga bassa a sinistra
gli occhi disegnati a matita
traballante trampoliere
la prima volta sui tacchi.
sottile stagnola lamiere
piccolissimi tuoni
preliminari di qualche piacere
ci protegga la densità
(i contrapposti
che fanno combriccola)
cause e sorprese
un mix accettabile
non lasciare troppo tempo
tra una cosa e l’altra
quella bocca spalancata
era un drago.
ma a te direi (più che a chiunque):
fidati!
il tuo filo che mi tiene
lo seguo a ritroso
(fino alla madonna della neve
a papa giovanni sul comò)
(solo tu conosci
l’evento più antico)
madre timorosa
dimmi la verità: mi hai sognato
che tornavo – ma non ero partito
per questo mantengo
il segreto
l’inizio perduto che esclama
non sono nemmeno iniziato!
ciò non toglie che tu
continui a colmare
quel buco primigenio
con le cose più strane
(somiglianti – ma dispari)
attesi retroscena – torta paradiso
la polvere di zucchero a velo
la bustina di lievito Bertolini
mentre lasci in giro
l’uvetta – nel caso
si svegliassero i bambini.
si muovono per compenso
anche i cieli – depressione
che chiama fiumi d’aria
ehi
piccoli soffi marginali
riccioli dopo lo shampoo
soffice palla
è il vento di pasqua
(lei apre la finestra finzione)
vicina a un corpo
è qualunque parola
magari una sorpresa
lei stessa in persona.
cosa chiedeva?
primo: piuttosto basterebbe
iniziare – quinto piano
cinque rampe di scale
corpo – che è sempre totale
tu sì ma chiesa – principio
di astrazione – oro fulvo
buio in comunione
vicino al vero – nostra imitazione
colonne tortili
con più di mille ragioni.
come funzioni – o involucri
scatole di latta dipinta
(biscotti inglesi per te)
(poi ci metterai gomitoli di lana)
eccoci – dolorosi
fare gesti felici
assenti – per essere interi
con perfetta memoria – smemorati.
in sintesi:
oh buche umane – inalberata primavera
ben presto richiamato – brevissimo altro
belle facce umane leggendarie
e tu
per piccoli tumulti – lucentina
gioia immatura – nel vuoto cielo
disperata – infine
non a te
compete l’insieme
(suo magnifico errore)
bellavista.
*
non indolore sarà
(passare dalla tua parte)
le storie
sono tutte evasioni?
allora perché brilla
sulla tovaglia
il bicchiere di cristallo
perché cade l’anima
in tante cascatelle
quando suoni alla porta?
Da “vocalises” (2008)
1.1
il pergolato sopra il gioco delle bocce
m’interroga e io gli rispondo
siamo tu ed io gli dico
c’è un muro color verderame
c’è una sedia di ferro arrugginito
ci fu il colpo secco sul pallino
un altro bersaglio fu colpito
passarono scarpette di vernice
due gambe fino all’orlo della gonna
il mondo restò a terra
sotto il cielo dell’assunta
sulla cima dei suoi seni
tutto fu rapito
uomini con il cappello
accompagnano le bocce
con la testa coperta sotto l’infinito.
1.4
ci pensò un arcangelo alla fine
a sottrarlo dal linciaggio della folla
lo liberò come un palloncino
come la bambina
che balla sulle punte
trasfigurato in un lampo
sfigurato sul ring
a braccia aperte
come una conquista
ruppe il filo di lana
fuori dalla pista.
Da “oblivion” (2020)
MOTIVETTO
commento che prolunga andantino della festa
altre ragazze si ripetono con i loro primi orecchini
dopo vent’anni trovi chiuse le persiane
palline di canfora nelle tasche dei cappotti
ci siamo resi vuoti per cavarcela ma è un vuoto non puro come un
vuoto civetta – anche se togli tutti i soprammobili quando avremo
un vero crepuscolo? – un altrove che non si mescola – netta linea
della dogana celeste, riga dentata delle Alpi Cozie! – finisse il finto
intero il tempo extra del nostro commento: noi che abbiamo in
tasca il nostro portafortuna – da anni – il curioso labirinto di un
nocciolo di pesca!
certo che avremmo voluto fare festa con tanti piccolissimi finali –
mente che sobbalza allo schianto di un fiammifero! – rompe verdi
squame il papavero – ehilà! che rossa sottanina – si sciolgono le
cose belle come i nastrini dei regali – questa sciarpa di lana soffice
è per te Anna Schiavi – da piegare come una palpebra cieca –
mentre guardi dai vetri – per coprirti la nuca.
NOTA: i testi della presente selezione sono tratti da «Le poesie» (edizioni del verri, a cura di
Eugenio Gazzola)
Angelo Lumelli è nato nel 1943 alla Ramata frazione di Momperone (AL). Ha pubblicato: «Le poesie» (edizioni del verri, a cura di Eugenio Gazzola); «cosa bella cosa» (Guanda, 1977); «trattatello incostante» (Savelli, 1980); «bambina teoria» (Corpo 10, 1990); «seelenboulevard» (Niebo, 1999); «Per non essere l'acqua che amo» (La vita felice, 2008; poi «vocalises»). Ha inoltre pubblicato: «La sposa vestita» (Arcipelago, 2006); «bianco è l'istante» (edizioni del verri, 2015); «Verso Hölderlin e Trakl» (La Finestra Editrice, 2017) e il recente romanzo «La vecchiaia del bambino Matteo» (Qed Edizioni, 2024). Ha tradotto: «Inni alla notte» di Novalis (Guanda, 1977); «Chi era Edgar Allan?» di Peter Rosei (Feltrinelli, 1980). Nel 2023 per l'editore Joker è
uscito il carteggio M.Ercolani-A.Lumelli «Cento Lettere». Nel 2024 è uscito a cura di Marco Ercolani «La poesia incessante. Testimonianze critiche per la poesia di Angelo Lumelli» (Macabor).