Umberto Fiori, Tutte le poesie

da | Ott 9, 2024

In anteprima dal volume che raccoglie tutte le poesie di Umberto Fiori, da poco uscito per Garzanti, pubblichiamo un estratto dell’introduzione di Luca Zuliani e la serie “Tre poesie per l’Orientina” (18 aprile 2008).

 

dalla PREFAZIONE di Luca Zuliani

Negli anni Settanta, oltre a laurearsi in filosofia, Umberto Fiori era entrato nella sinistra extraparlamentare e poi, come cantante, chitarrista e paroliere, negli Stormy Six, uno dei gruppi più importanti in quell’area. Gli Stormy Six ottennero fama europea (in Germania in particolare, all’Est e all’Ovest) e Fiori passò anni vorticosi fra tournées e sale d’incisione: fu, per qualche tempo, un cantante e un musicista di successo, oltre che un militante per la rivoluzione.
Pur rimanendo politicamente schierati, verso la fine degli anni Settanta gli Stormy Six si spostarono verso il progressive: sembrò, per qualche tempo, che la musica leggera potesse divenire qualcosa di simile alla musica colta della tradizione precedente. Fiori scriveva testi complessi, colti e ambiziosi, ma distanti dai versi che leggiamo in questo volume – nella forma come nel contenuto – e inadatti a comparire qui. Come egli stesso ha spiegato in alcuni dei suoi scritti teorici – con una cognizione di causa che i critici letterari di regola non hanno – c’è un’incolmabile differenza fra scrivere poesia e scrivere canzoni.
Non durò a lungo. La musica leggera, alla fine degli anni Settanta, subì uno dei consueti scossoni che la riportano verso il basso, ai suoi scopi primigeni. Il punk e, dall’altro lato, la disco-music scalzarono il rock progressivo. Il riflusso politico contribuì a sgretolare le strutture autogestite con cui gli Stormy Six organizzavano i concerti e le incisioni. 

[…]

La parabola di Fiori l’ha condotto rinnovare a suo modo, su contenuti più attuali e quindi ancora più stranianti, il modo antico di essere poeta nella modernità. All’inizio degli anni Ottanta, si ritrovò a girare per Milano, osservando disorientato le cose e le persone. Con una polaroid, si mise a fotografare gli edifici, in particolare i più squallidi ed anonimi. Nacque allora uno dei fili conduttori della sua poesia: il tema delle case. Il lettore potrà seguire come si sviluppa lungo tutta la sua opera.
Come si diceva, l’io pare assente dalle prime raccolte. Anche i personaggi sono privi di un’identità definita: nel traffico, fra i condomìni e all’interno di essi ci sono passanti, un vigile, una signora; gente che parla, discute o in altro modo vive. Una poesia non lirica, si direbbe.
Tuttavia, a posteriori, è evidente che l’io è ben presente e vigile fin dall’inizio: soltanto, sta tentando di prendere le misure di una realtà che non capisce e di una vita che non sente sua. A mano a mano, questo io poetico emerge sempre più nettamente. Prova a rispecchiarsi in ciò che vede, ritrovandovi anche la propria frustrazione (ad esempio, nella rabbia impotente e insensata dei cani da guardia); formula infinite conclusioni – provvisorie o in apparenza definitive – che vanno oltre la sua storia personale.
È l’Umberto Fiori precipitato fra le strade di Milano, ma è anche – qui risiede uno dei valori più alti della sua poesia – un testimone, una figura della condizione generale, e del disorientamento, di tutti noi.

[…]

 

TRE POESIE PER L’ORIENTINA
(18 APRILE 2008)

(Pondus meum, amor meus.
Eo feror, quocumque feror.
Agostino, “Confessioni”)

Ero preso. Non c’erano più scelte,
giudizi, volontà.

Ero un peso. Tu eri
la gravità.

 

*

È vero: di attenzione
ne ho poca. Nella mia testa
fatti, date, persone,
come vengono vanno. Tanti discorsi
li afferro a malapena, tanti nomi,
tante facce mi sfuggono.

Ma questo piede che mi hai messo in mano
vedi come lo tengo? Sono anni.
Una vita.

Mi si rivolta fra le dita
tiepido, buio, tutto da sapere;
mi scalcia, questo piede, dentro il cuore
come nella tua pancia
Cecilia,
Giovanni.

 

*

Tu sei una potenza primigenia:
l’Orientina sei: la patrona
candida e furibonda
di tutti i cominciamenti,
sei la grande Sbocciante,
l’Albeggiante, la Ricca-di-Mondo.

Quando te lo dicevo
vent’anni fa,
non era solo un gioco, una serenata.
Era la verità.

A ridirtela oggi
ti dà fastidio:
non ridi nemmeno più.

Lo so, lo so: non vuoi essere un idolo.
Vuoi che io mi ravveda,
che finalmente ti consideri
quello che sei, né più
né meno.

Io vedo solo dèi.
Mi conosci, lo sai:
questo è il mio limite. Ma se tu me lo imponi
mi sforzerò di fare come se al mondo
non ci fossero altro che persone.
Anche tu, quindi, una persona. Va bene?

Quello che dentro mi sragiona
quando ti sto di fronte
farò conto che sia solo rispetto,
affetto, stima.
Della tua furia celeste
non avrò più paura:
la chiamerò arrabbiatura.

Troverò una misura, te lo prometto.
Sarò umile, saggio,
calmo, paziente.

Vedi com’è potente
il tuo nume?

Umberto Fiori è nato a Sarzana nel 1949. Dal 1954 vive a Milano, dove si è laureato in filosofia. Negli anni ’70 ha fatto parte, come cantante e autore di canzoni, degli Stormy Six, gruppo storico del rock italiano. In seguito ha collaborato con il compositore Luca Francesconi (per il quale ha scritto due libretti d’opera, Scene e Ballata, e numerosi altri testi), con il fotografo Giovanni Chiaramonte e con i videoartisti di Studio Azzurro. E’ autore di saggi e interventi critici sulla musica (Scrivere con la voce, 2003) e sulla letteratura (La poesia è un fischio, 2007), di un romanzo, La vera storia di Boy Bantàm (2007) e del Dialogo della creanza (2007). Del 2009 è Sotto gli occhi di tutti, un cd di canzoni tratte dalle sue poesie, in collaborazione con il chitarrista Luciano Margorani; del 2013 il cd-dvd Benvenuti nel ghetto, con gli Stormy Six e Moni Ovadia. Il suo primo libro di poesia, Case, è uscito nel 1986 per San Marco dei Giustiniani. Sono seguiti, per Marcos y Marcos, Esempi (1992), Chiarimenti (1995), Parlare al muro (con immagini del pittore Marco Petrus, 1996), Tutti (1998) e La bella vista (2002), Voi (2009) e fra gli ultimi Il conoscente (2019) e Autoritratto automatico (2023).