Se non sarò più mia

da | Set 26, 2024

“Se non sarò più mia” è un poemetto di Italo Testa appena uscito nella ‘Collana Gialla’ di Samuele editore-pordenonelgge, che prosegue idealmente la scrittura di “La divisione della gioia”, edito da Transeuropa nel 2010 e ripubblicato quest’anno con Industria & Letteratura. Presentiamo la seconda sezione intitolata “Più vicino”.

 

ora sei tu, o un altro, una donna
con i capelli raccolti, il volto
in ombra sul lenzuolo teso,
le piccole labbra appena visibili,
la luce che filtra tra le griglie,

ora sei tu, o un’altra, la tenda
leggera che ci separa dal mondo,
il tuo corpo e le mie convulsioni
quando non sono più mia e mi lasci
a tremare da sola sul letto,
senza più un volere, un desiderio,

solo il ventre che s’alza, s’abbassa,
le scapole alate nell’ombra,
il tuo profilo disteso che dorme:

se non sarò più mia, o di nessuno,
noi solo un’ombra nella notte,
una sagoma oscura tra tante
nel rumore indistinto del traffico
ci abbandoniamo al buio negli altri
in questa oscurità che ci accoglie,

o come le antenne delle barche
al mattino si stagliano erette,
nitide nell’aria che rinfresca,

così risvegliarsi, esser qualcuno,
dire il nostro nome e andare,
lasciarsi accendere con gioia
dalla luce diffusa dall’alto
sui tetti, sulla sodaglia incolta
ai margini degli abitati,

sul manto granuloso d’asfalto
di strade che digradano dolci,
svoltano, si perdono allo sguardo
e svaniscono in lontananza
nella luce a picco sul verde,

laggiù sotto il faro allucinato
dove ti spogliavi in quel mattino
ti lasciavi toccare lì dentro
e guardando altrove, divertita
sfioravi il mio sesso con le labbra

negli occhi le case sull’altra riva
la loro forma nuda e scabra,
la sagoma nel sole, divorata

o ancora l’estate e la violenza
segreta di un’immagine persa,
la ragazza in piedi che aspetta,
si ripara dal sole, scompare,
nello scatto successivo azzerata:

restano solo i blocchi squadrati,
le pietre gialle e la calura,
resta, più a lato, l’uomo di spalle,
il suo gesto solenne, indecifrabile,
come di chi non voglia vedere,

restano i caseggiati grigi
le grandi masse cupe, squadrate,
restano gli altri, gli sconosciuti
fermi su una soglia, alla deriva
in qualche stanza mentre si scrutano
e circospetti si avvicinano,

sentono montare il desiderio,
la brama che affiora sulla pelle
risale tra le gambe, i glutei,
si attacca a morsi alla carne viva

ed è quell’uomo, i suoi fianchi,
quella donna e le sue spalle possenti,
la presa, il fremito di una mano
che ti sfiora dietro l’orecchio
il fruscio degli slip che si abbassano,
l’aspro gusto del sesso degli altri:

è successo, e accadrà ancora,
anche tu sarai una di loro,
abiterai una casa, vivrai
senza saperlo come chiunque

un giorno ti sveglierai all’alba
guarderai dalla porta aperta
le colline buie a mezzacosta,

potrai aspettare che il sole sorga
o l’intero giro del mattino,
il mondo che si approssima e allontana
nella fitta trama della luce,

potrai leggere, dormire, stare
qui e altrove, lasciarti prendere
da un vago desiderio o provare
un moto violento, improvviso,

andare seguendo una traccia
incerta e avvertire a un tratto
il giorno più vicino, la vana
meraviglia della vita scorrere
veloce, rallentare, stare
ferma per un attimo sparire