(“Guardare” è una rubrica che propone poesie scritte da ventenni e trentenni e che prova a raccontare il nostro momento storico dal punto di vista del loro immaginario. Questo percorso ci accompagnerà nei prossimi mesi con un’uscita ogni due settimane. Tessera dopo tessera si configurerà un mosaico in cui speriamo emergano interrogativi, chiavi di volta e genealogie di un tempo che muta velocemente, lascia disorientati, ma chiede anche nuove e autentiche forme del guardare. Nella ventesima uscita inediti di Davide Nota, nato a Cassano D’Adda nel 1981.)
ARANCIONE
Non scrive per nessuno.
Scrive solo per sé stesso.
Non conosce altri validi motivi.
Questo ragazzino è davvero migliore di me.
Non pensa che un poeta debba stringere mani.
Né ricevere applausi.
Né congratularsi.
È seduto alla fermata dellʼautobus.
Ama il fruscio delle auto che passano.
Tornando a casa zooma sui lampioni
Con una videocamera compatta
Fino a vedere tutto arancione.
QUESTE POESIE
In pratica queste poesie
Scritte con lo stile di chi ha letto
Tre libri in croce
(Urlo e Kaddish di Allen Ginsberg,
Mexico City Blues di Kerouac,
Rimbaud)
+ Le canzoni di Syd Barrett
E poco altro
Avevano un destinatario reale
Che doveva nascere molti anni più tardi.
Questo destinatario sono io
Che adesso ricalco quello stile (1)
Come un fedele anonimo un ex voto.
(1) Con il mio amico Raimondo Iemma, in chat,
Lo abbiamo definito lo stile della traduzione.
In un suo libro recente, Nuovi misteri,
Raimondo parla di una lingua misteriosa
Che traduce un testo originario inesistente.
Io parlo invece più semplicemente
Di una lingua nativa
Con cui torno a pregare.
BACH
Tutto ciò che reputi ridicolo
Ti illumina
Ti indica unʼidiosincrasia
Su cui dovresti riflettere.
Nel vuoto ogni strada è legittima
Stiamo cercando la stessa cosa
Non lasciarti condizionare
Dai fantasmi della tradizione.
Un bullone interrato
Una guglia
Un vecchio walkman
Una lettera di Johann Sebastian Bach
Una tag verde acido
Nei bagni della stazione
Possono essere la stessa cosa
Possono essere la stessa cosa
Possono essere la stessa cosa
Se lo vorrai.
In questa lettera Johann Sebastian Bach diceva
Che una linea melodica per trasformarsi in opera
Deve incontrare lʼombra che ne deflagri il senso
E che nulla vi è di peggio del melodico
Per un devoto al dio dellʼarmonia.
NON IMPORTA
Chi cerca non trova
Chi evade è prigioniero
Chi fugge dal crollo cade per sempre
E questa non è una poesia
Sono solo dei pensieri che vanno a capo
Limpidamente.
Il privilegio di amarti
Mi rende invincibile
Scolpisce la potenza senza forza
Ci libera dal potere.
E non importa se la poesia non serve
E non importa se nessuno mi ascolta
Se il sogno che ho servito era un delirio
Sin dal principio. O se sono un fallito.
Vorrei prima del fungo nucleare
Cantare la canzone più felice.
LʼUFO
A sette anni accade che ho unʼimmagine
Che mi feconda il pensiero. È un UFO
Da cui probabilmente sono sceso
Una notte di avaria e viaggi stellari.
Questo disco volante ora è sepolto
Sotto il nespolo del nostro giardino.
Lo vedo, lo ricordo e mi convinco
Che è necessario andarmene. Una sera
Preparo le valigie e per le scale
Del mio palazzo vengo tratto in fermo.
Ricordo che a quei tempi sono certo
Di ricordarmi un sacco di altre cose.
Oltre a un alieno sono pure un mago.
Mi mettono alla prova allʼintervallo
Devo piegare un ferro che nemmeno
Il più forte riesce a torcere e lo piego.
A volte sogno un altro me gemello
Nel mondo parallelo. E forse è vero.
Papà mi porta a funghi la domenica.
Io vado alla ricerca degli gnomi.
A scuola siedo sotto a una quercia.
SCHOLEM
In una lettera di Scholem a Rosenzweig
Del 1926
(Posta ad apertura del libro Gli occhi
Della lingua di Jacques Deridda)
In poche parole Scholem sostiene
Che la rivelazione può smarrirsi
Contaminando il seme del pensiero
Con le necessità della politica
E che questo errore li avrebbe condotti
Nel corso di un secolo alla rovina.
Lʼerrore dice è quello di tradurre
Il sogno di un paese in uno stato
Perché il paese è stato introiettato
Talmente a fondo che non può che esistere
In forma di silenzio (come il nome).
Non so se Scholem dica proprio questo
Ma questo è quello che ci è nato sopra
Di notte in giorno ricordando il sogno.
Per Scholem quel paese è la parola.