Quattro poesie da “Oracle Smoke Machine” di Christianne Goodwin, nella traduzione inedita di Stefano Bottero.
L’ESPOSIZIONE
A un certo punto sulla statale
il cielo partorisce un Rothko
rossoarancio intenso, ombreggiato
dal parabrezza in blu.
A quel punto abbassi il finestrino,
ti sporgi verso le ultime luci,
talloni un pickup arrugginito
finché non tocchi le bande sonore.
Sopra di te il pigmento sprofonda.
Il cielo curva e trapassa le tele,
i segnali luminosi sono didascalie museali
ogni città sorvolata, un Rothko a suo nome.
Tagli per gallerie intitolate
ai cartelloni che scorrono.
Chi lo sapeva che Cracker Barrel
fosse un mercante d’arte.
Mentre corri
al cuore della n. 6
«Do You Know JESUS?»
si alza dagli alberi.
PRIME PAROLE
Ti chiedo da quanto sta nevicando
non l’ho notato fino ad ora –
mi ero rintanata in Dracula
edizione illustrata
distesa sul grembo.
Nel primo capitolo i presagi
arrivano come parole ungheresi.
Ördög−diavolo, pokol−inferno,
pokol indimenticabile
perché pók significa ragno
come una battuta alla Great Awakening:
un ragno appeso sopra l’inferno.
L’Ördög era un bar
dove andavamo a Budapest.
In quegli anni insegnavo
storia ungherese, prima di poter ordinare anche solo una birra
avevo imparato a dire guerra, occupazione, invasione
Chiamo un’amica dalla Transilvania.
Mi dice devo parlare piano – c’è
un uomo – come dite voi – un rifugiato?
che dorme sul divano-letto.
Riesci a crederci?
non gli è piaciuto il pogácsa
che ho comprato ride
mi è capitato uno schizzinoso!
Fuori la neve scende grigia
come il manto di un lupo –
dolcemente adesso,
come una cenere lenta, alla deriva.
LEZIONI DI RUSSO
A lezione
le desinenze dell’aggettivo
slittano su quelle del sostantivo
Mo-ya
star-sha-ya
ses-tra
ma da una finestra a Plymouth
nessun suono del genere,
solo doccia esterna,
quattro porte.
Mentre aspetto mia sorella
per dondolare sul vialetto
decido con calma per la finestra invernale
invece della camminata sulla spiaggia.
E perché non scandole stagionate
o litorale acceso
del tutto increspato, sgusciato?
BAMBINO INCANTATO
Cianotipie su piastrelle, fischio della caffettiera
tu, con i pastelli in mano, canti tra te e te.
La melodia si mischia con la lavatrice, il traffico
richiama la musica della nostra cerchia
fronte aggrottata, piccoli pugni, i tuoi scarabocchi minuziosi
formano gallerie strette – forse, verso mondi selvatici.
Per quanto ne so, aprendo portali per altreterre
la tua canzone di calci fluttuanti – pedaggio per la cortina.
Mi racconti storie che
in qualche modo suonano come ricordi.