Soror Saudade

da | Mag 23, 2024

Sei poesie dalla raccolta “Questo mio corpo sfamerà le rose”  della poetessa portoghese Florbela Espanca (1894-1930), a cura di Graziano Graziani, appena uscito per Interno Poesia.

 

IO

Io son colei che è persa per il mondo,
che vaga senza un nord, per strade storte,
del Sogno son sorella, e a questa sorte
son crocefissa, afflitta nel profondo.

Ombra di nube tenue che va affondo,
il cui destino amaro, triste e forte,
spinge brutale verso nera morte!
Anima in lutto, mai compresa a fondo!

Quella che passa e che nessuno vede,
che è detta triste senza che lo sia,
che piange ma il perché non se lo chiede.

A volte sono immagine sognata
di un’anima gemella della mia
che nella vita non m’ha mai incontrata.

 

*

FIORE DEL SOGNO

Fiore del Sogno, candido, divino,
miracolosamente sei sbocciato
dentro di me, come se fosse nato
un fiore su di un rudere in declino.

Sopra il mio seno pende il gambo fino
e non lo so perché sia germogliato
un fiore così raro e ricercato.
Miracolo… utopia… forse destino.

Fiore, che mi sei nato senza spine,
perché son tanto tristi gli occhi miei
se son così per amor tuo, alla fine?

La notte calma in cui sei nato tu
volò lontano quest’anima mia,
ma da allora non so capirmi più.

 

*

PIÙ TRISTE

Triste è la vastità del mare immenso
– dice la gente – ed ha voce fatale
che ingrossa e fa agitato il nostro male.
La notte è triste come estrema unzione.

E è altrettanto triste e squarcia il cuore
un tramonto del nostro Portogallo.
E nessuno che sa che io… in finale
son la cosa più triste, la peggiore.

Tramonti d’agonia in me fluiste
e ogni cosa mia si fa ripiena
dell’amarezza di un tramonto triste.

Se il mare è acqua estesa a dismisura
io ne ho altrettanta in me, un Mar di pena,
perché son proprio io la Notte scura!

 

*

SOROR SAUDADE

A Américo Durão

“Soror Saudade” un giorno m’hai chiamato,
da allora questo nome in cuore sento
come vetrata al sole che, d’argento,
risplende di quel sogno che hai sognato.

D’Autunno, a sera, tu lo hai mormorato,
e dell’Autunno mi portò il tormento;
più dolce non ce n’è, tra altri cento,
e la tristezza mia ha raddoppiato.

Nell’anima, giù in fondo, mi si è inciso
come del sole una benedizione
che culla se la febbre infiamma il viso.

Come petali sparsi per le strade,
pronuncio questo nome di passione,
che mi hai donato tu: “Soror Saudade…”

 

(“Soror Saudade” – ovvero Sorella Nostalgia – è l’epiteto inventato per Florbe a da Américo Durão, amico e collega universitario della poetessa alla facoltà di legge di Lisbona. L’epiteto fu utilizzato in un sonetto che Durão le dedicò e che fu pubblicato sulla pagina culturale di «O Século». A quel sonetto rispose Florbela con un altro sonetto intitolato “Il mio nome”, mutato poi nella definitiva versione intitolata “Soror Saudade”).

 

*

FREDDEZZA

Hai gli occhi come spade acuminate
e freddi come tragici pugnali;
brillio tagliente di metalli eguali,
luce di lame gelide, affilate.

Io vedo in quelle icone disegnate
di abbandoni tirannici e sleali,
desideri fantastici e irreali
e il sole delle albe più dorate.

Ma non ti invidio questa indifferenza,
che andare per il mondo senza amare
è peggio di ogni altra sofferenza.

Invidia tu il dolore che sta in me,
e poi dirai, non senza singhiozzare:
“Vorrei, sorella, amare come te!”

 

*

NOSTALGIA

Nostalgia? Ma certo… perché no?
Se i nostri erano sogni alti e forti
da conservare finché siamo morti
per accecare il cuor finché si può…

Dimenticare? È vano… ma però,
Amore, cosa vuoi che ce ne importi!
Se lasciano bellezza che conforti
son santi come il pane, io lo so!

Quante volte ti ho tolto dalla mente
per poi più follemente ricordare,
ricordarmi di te più follemente!

Magari andasse sempre in questo modo:
che tanto meno voglio rammentare
e tanto più il rimpianto stringe il nodo!