Cinque poesie in anteprima da “Storia universale dell’eccetera” di Nilton Santiago (Taut Editori 2024), traduzione di Alberto Pellegatta.
MONOLOGO DELLE STELLE DEL CIRCO
Il vecchio poeta clown
si è messo un’altra volta il naso rosso ciliegia
per uscire in scena.
Poco prima, mentre si guardava allo specchio e si disegnava un sorriso scarlatto,
ha pensato alla maniera in cui si sarebbe tolto da sotto il cappello
il passerotto con occhiali che si porterà via per sempre il cuore
e tutto perché il pubblico scoppi a ridere
dopo averlo visto cadere fulminato da un raggio di luce.
E se la vita dopotutto consiste in questo
o, per esempio, nell’avvicinarsi alla finestra per vedere se piove
e vedere cadere violentemente una goccia di pioggia sul lombo di una formica,
qualsiasi tentativo di sorridere del nostro amico clown
porterà solo a quella mattina
in cui ha visto suo nonno mettere un baobab
nel baule della sua Chevrolet Malibu del 64
mentre estraeva tre grammi di baci dal portafogli.
Adesso so che il nostro amico clown non tornerà a farci ridere
finché lo applaudiremo con le orecchie
e non so che diavolo pensare.
Forse la cosa migliore sarebbe smettere di scappare al passerotto del nostro cuore.
Allegramente,
tutto finisce per occupare uno spazio:
la vecchia Chevrolet Malibu del 64 adesso piange dallo sfasciacarrozze,
il tuo migliore amico, che hai preso in giro quando eravate bambini,
passeggia con un brillante golden retriever mano nella mano con la sua fidanzata da calendario
e tuo nonno, il vecchio sindacalista,
è il vento che muove l’erba dove un giorno anche tu dormirai
per sempre.
*
MONÓLOGO DE LAS ESTRELLAS DEL CIRCO
El viejo poeta clown
se ha puesto una vez más la nariz rojo cereza
para salir al escenario.
Poco antes, mientras se miraba al espejo y se dibujaba una sonrisa escarlata,
ha pensado en la forma en la que se sacaría de debajo del sombrero
el gorrioncillo con gafas que se llevará su corazón para siempre
y todo para que el público estalle en risas
después de verlo caer fulminado por un rayo de luz.
Y si la vida al fin y al cabo consiste en eso
o, por ejemplo, en acercarse a la ventana para ver si llueve
y ver caer violentamente una gota de lluvia sobre el lomo de una hormiga,
cualquier intento de sonreír de nuestro amigo el clown
únicamente lo llevará a aquella mañana
en la que vio a su abuelo meter un baobab
en el maletero de su Chevrolet Malibu del 64
mientras se sacaba tres gramos de besos de la cartera.
Ahora sé que nuestro amigo clown no volverá a hacernos reír
hasta que le aplaudamos con las orejas
y no sé qué diablos pensar.
Quizás lo mejor sería dejar huir al gorrioncillo con nuestro corazón.
Felizmente,
todo termina por ocupar su lugar:
el viejo Chevrolet Malibu del 64 llora ahora en el desguace,
tu mejor amigo, del que tanto te burlaste cuando erais niños,
se pasea con un brillante golden retriever de la mano de su noviade calendario
y tu abuelo, el viejo sindicalista,
es el viento que mueve la hierba donde algún día tú también dormirás
para siempre.
*
LA SCRITTURA DI DIO
Fu Xi, il primo imperatore cinese, era metà serpente, metà umano e metà enigma.
Raccontano che sua madre lo ha concepito calpestando l’impronta di un gigante,
grande come la lacrima di un pesce.
Fu Xi è nato da un uovo
per questo faceva colazione con farfalle per imparare l’arte del volo.
Ma risultò inutile: le nuvole dormivano per terra
per non appannare gli occhiali di Dio.
Una leggenda, citata da Wang Jia, racconta come Fu Xi avesse scoperto
otto trigrammi sulla corazza di una tartaruga che non smetteva di piangere.
Si crede che da quei diagrammi oracolari sia nata la scrittura.
La scrittura della povertà migra scalza nello sguardo di un guatemalteco.
La scrittura di Wang Wei era la sorgente da dove sgorga la rugiada.
Ma qual era la scrittura di Dio?
Mio padre mi ha raccontato che nel suo paese i panettieri non sapevano scrivere
ma ogni mattina sfornavano una nuova bibbia di farina.
Neppure mia nonna avrebbe potuto intrattenere una corrispondenza con Fu Xi
e ancora meno avrebbe potuto leggere un trattato sulla malinconia,
giacché la poveretta sapeva appena sillabare il suo nome.
Mio nonno sì che scriveva, con una piuma delle sue ali,
discorsi per tassisti solitari
(quando dirigeva il sindacato degli autisti)
ma questo non importa.
Fu Xi morirebbe di nuovo
se sapesse che hanno appena arrestato per “vandalismo”
una bambina di undici anni
per aver scritto il suo nome sul cemento fresco di un marciapiede.
Se fosse viva mia nonna direbbe:
«Eccola: la scrittura di Dio».
*
LA ESCRITURA DE DIOS
Fu Xi, el primer emperador chino, era mitad serpiente, mitad humano y mitad enigma.
Cuentan que su madre lo concibió al pisar la huella de un gigante,
tan grande como la lágrima de un pez.
Fu Xi nació de un huevo
así que desayunaba mariposas para aprender el arte del vuelo.
Pero le resultó inútil: las nubes dormían sobre el suelo
para no empañar las gafas de Dios.
Una leyenda, citada por Wang Jia, cuenta cómo Fu Xi descubrió
ocho trigramas sobre el caparazón de una tortuga que no paraba de llorar.
Se cree que de esos diagramas oraculares surgió la escritura.
La escritura de la pobreza migra descalza en la mirada de un guatemalteco.
La escritura de Wang Wei era el manantial de donde brotaba el rocío.
¿Pero cuál era la escritura de Dios?
Mi padre me contó que en su pueblo los panaderos no sabían escribir
pero cada mañana horneaban una nueva biblia de harina.
Tampoco mi abuela podría haberse carteado con Fu Xi
y mucho menos haber leído un tratado de melancolía,
ya que la pobre apenas sabía deletrear su nombre.
Mi abuelo sí que escribía, con una pluma de su espalda,
discursos para taxistas solitarios
(cuando dirigía el sindicato de chóferes)
pero eso no cuenta.
Fu Xi se volvería a morir
si se enterara que acaban de arrestar por “vandalismo”
a una niña de 11 años
por escribir su nombre en el cemento fresco de una acera.
Si estuviera viva mi abuela diría:
«Ahí lo tienes: esa es la escritura de Dios».
*
TUTTI DISCENDIAMO DALLO SGUARDO DI UN GORILLA
In Russia mandano una scimmia a riabilitazione
(Fonte: Reuters)
Come Cioran, non siamo altro che un pugno di interstizi,
oh gorilla mio, due solitudini metodiche,
come due code nel posacenere.
È vero, condividiamo la malinconia degli uccelli congelati
lo strano costume di amarci sugli alberi,
di piangere e defecare leggendo Mallarmé
o di uscire con due bicchieri in più di ciascun incendio interno.
Ogni giorno giochiamo con la purezza d’essere impuri,
con la stella che naviga nel nostro sangue,
deviata dal suo corso,
stanca di balbettare luce sul sorriso dei pensionati
e delle puttane, quei bei mammiferi esiliati.
Lo sai, cerchiamo lo stesso lavoro
e piangiamo lo stesso animale nel quale ogni giorno ci svegliamo.
Oh, gorilla mio, anche il tuo sguardo
è la finestra da dove Dio spia il mondo
quest’altro mammifero funebre che non sa nulla di noi.
*
TODOS DESCENDEMOS DE LA MIRADA DE UN GORILA
Envían a rehabilitación a un mono alcohólico en Rusia
(Fuente: Reuters)
Como Cioran, no somos más que un puñado de intersticios,
oh gorila mío, dos soledades metódicas,
como dos colillas en un cenicero.
Es cierto, compartimos la melancolía de los pájaros congelados
la rara costumbre de amar sobre los árboles,
de llorar y defecar leyendo a Mallarmé
o de salir con dos copas de más de cada incendio interior.
También jugamos cada día con la pureza de ser impuros,
con la estrella que navega en nuestra sangre,
desviada de su curso,
cansada de balbucear luz sobre la sonrisa de los jubilados
y de las putas, esos bellos mamíferos exiliados.
Ya lo sabes, buscamos el mismo empleo
y lloramos al mismo animal desde el que cada día nos despertamos.
Oh, gorila mío, también tu mirada
es la ventana por donde Dios espía al mundo
ese otro mamífero fúnebre que nada sabe de nosotros.
*
ARTE POETICA A FAVORE DEI MIRACOLI E CONTRO GLI AGNOSTICI
Ed è così come «tutto contiene tutto»
e tutte le stelle
sono in realtà la stessa paura che scappa dal cuore
quando ti svegli al mattino
e vai alla doccia con lo stesso sorriso che avresti
davanti a un plotone di esecuzione.
Se ci pensate bene, è da tempo che abbiamo smesso di essere noi stessi.
Neppure il riflesso dello specchio ci riconosce,
né il rasoio elettrico che percorre la pelle ogni giorno
come se fosse un pesce che deve imparare a nuotare
ripetutamente.
Ma siccome «tutto contiene tutto» e ci trascina verso il suo vuoto,
bisogna mettersi la cravatta e uscire a lavorare
con il cuore ancora nel lavello.
Finire di leggere nell’autobus
quella poesia che hai iniziato a leggere quando eri solo un bambino.
E all’improvviso scopriamo che perfino una poesia deve tacere
per dirci che, in realtà, il tempo non è altro
che un criceto che gira instancabile
dentro la ruota del vuoto.
All’improvviso la poesia legge la storia di Shoden Yamazaki,
quel sacerdote del tempio buddista Choshoji
che è stato appena arrestato per il furto di un paio di calze,
e legge anche che a Magelang hanno costruito una chiesa a forma di gallina
ed è a questo punto che la poesia si libera delle parole
e inizia a ridere andando verso l’angolo della pagina in bianco
mentre pensa che, se tutto è dopotutto vuoto, «nulla esiste»
che nulla sembra essere stato creato.
Ma all’improvviso la poesia ci guarda
dal fondo della pagina in bianco
e ci ricorda che Dio ha montato il paradiso e tutto il resto in 7 giorni,
e che noi esseri umani ci abbiamo messo mille anni
a immaginare un barbuto
il cui unico merito è camminare sull’acqua.
Cavolo, dice la poesia,
mentre pensa che l’imperfezione degli uni e degli altri
rende la creazione l’unico miracolo credibile.
Allora la poesia stessa è il vuoto che crea,
il vuoto che riempie tutto.
Oppure l’unica poesia vera è quella che non esiste?
*
ARTE POÉTICA A FAVOR DE LOS MILAGROS Y EN CONTRA DE LOS AGNÓSTICOS
Y es así como «todo lo contiene todo»
y todas las estrellas
son en realidad el mismo miedo que huye de tu corazón
cuando despiertas por las mañanas
y vas a la ducha con la misma sonrisa que tendrías
frente a un pelotón de fusilamiento.
Si os fijáis bien, hace años que hemos dejado de ser nosotros.
Ni siquiera el reflejo del espejo nos reconoce,
ni la maquinilla de afeitar que recorre nuestra piel cada día
como si fuese un pez que tiene que aprender a nadar
una y otra vez.
Pero como «todo lo contiene todo» y nos arrastra hacia su vacío,
hay que ponerse la corbata y salir a trabajar
con el corazón aún en el friegaplatos.
Terminar de leer en el autobús
aquel poema que empezaste a leer cuando tan solo eras un niño.
Y de pronto descubrimos que hasta un poema tiene que callar
para decirnos que, en realidad, el tiempo no es más
que un hámster que gira incansablemente
dentro de la rueda del vacío.
De repente el poema lee la historia de Shoden Yamazaki,
aquel sacerdote del templo budista Choshoji
que acaba de ser arrestado por el robo de unas pantimedias,
y también lee que en Magelang han construido una iglesia con forma de gallina
y es cuando el poema se deshace de las palabras
y empieza a reír camino a la esquina de esta página en blanco
mientras piensa que, si todo es al fin y al cabo vacío, «nada existe»
que nada parece haber sido creado.
Pero de pronto el poema nos mira
desde el fondo de la página en blanco
y nos recuerda que Dios montó el paraíso y todo lo demás en 7 días,
y que los seres humanos tardamos miles de años
en imaginarnos a un barbudo
cuyo único mérito es caminar sobre el agua.
Vaya, dice el poema,
mientras piensa que la imperfección de unos y otros
hace de la creación el único milagro creíble.
Entonces el poema mismo es el vacío que crea,
el vacío que lo llena todo.
¿O es el poema que no existe el único verdadero?
Nilton Santiago è nato a Lima, in Perù, nel 1979 ma residente da tempo a Barcellona, in Spagna, ha pubblicato le raccolte: "El libro de los espejos" ("Il libro degli specchi", 2003), "La oscuridad de los gatos era nuestra oscuradid" ("L’oscurità dei gatti era la nostra oscurità", Premio José Hierro 2012), "El equipaje del ángel" ("La valigia dell’angelo", Premio Tiflos, Visor 2015), "Las musas se han ido de copas" ("Le muse sono uscite a bere", Premio Casa de América, Visor 2015) e il recente "Miel para la boca del asno" ("Miele per la bocca dell'asino", Premio Alarcos / Principato delle Asturie, Visor). Ha inoltre vinto il prestigioso Premio Huidobro nel 2019.