(“Guardare” è una rubrica che propone poesie inedite scritte da ventenni e trentenni e che prova a raccontare il nostro momento storico dal punto di vista del loro immaginario. Questo percorso ci accompagnerà nei prossimi mesi con un’uscita ogni due settimane. Tessera dopo tessera si configurerà un mosaico in cui speriamo emergano interrogativi, chiavi di volta e genealogie di un tempo che muta velocemente, lascia disorientati, ma chiede anche nuove e autentiche forme del guardare. Nella decima uscita tre poesie di June Scialpi, nata nel 1998.)
(i)
La notizia comincia dai sensi – passa
dai non occhi. L’ocello analizza:
si aggrappa all’organismo
quando termina l’ombra obliqua: cambia
la forma ripensa – la propria memoria.
Lo sguardo primitivo esclude forma
parassitarie della mente. L’esistenza
non raggiunge il capo, l’occhio composto
che non capisce cosa vede. Percepisce la luce.
Sa dov’è l’ospitante dall’ombra delle nuvole.
Segue un’esca per nascondersi. Una
Macchina si forma sulla superficie dell’altro
In risposta – allora reagisce, si dimena.
Cessa la crisi quando tutto combacia. Essere
La stessa cosa non è mai stato così semplice.
*
(i) ver. 2
A volte mi sveglio la notte e penso a come sarebbe l’odore della tua pelle vicino alla mia pelle alla pelle del letto alla pelle della stanza fino alla pelle della strada. Mi chiedo se possa calmarmi o darmi l’indizio certo di un pericolo.
*
(ii)
La rabbia è la notizia successiva
un’àncora aperta alla fine dei muscoli
gettata attraverso l’epidermide contro
l’altra pelle nascosta. Quando raggiunge
l’innervatura lascia che il confronto sia
brutale, che spaventi il sistema a morte. Le ramificazioni
non conoscono riposo, il lavoro sottostante
è un moto perpetuo – eppure anche quelle
bloccano il flusso sconvolte da tanta espressione violenta.
Avrebbero preferito scoprirla per natura
dialettica, un giorno come un altro, venire fuori
dalla bocca come una storia.
(Da “La condotta del simbionte”, Collana Isola, 2023.)