Quattro poesie in anteprima da “Il cielo è un abisso di stelle” della poetessa e attivista israeliana Dahlia Ravikovitch. La raccolta, a cura di Sara Ferrari, nella traduzione di Suzy Shammah e Sara Ferrari, e con una nota biografica di Bianca Ambrosio e Adam Koman, è da poco uscita per Giuntina.
Sta sulla strada la notte quest’uomo
che è stato una volta mio padre
e io devo raggiungerlo là dove si trova,
perché ero io la sua figlia primogenita.
E così notte dopo notte se ne sta solo al suo posto
e io devo scendere e rimanere là
e avrei voluto chiedere a quell’uomo fino a quando avrei dovuto.
Anche se sapevo dal principio che sempre avrei dovuto.
Là dove si trova c’è presagio di pericolo
come il giorno in cui camminava per strada e un’auto l’ha investito,
e così l’ho conosciuto e ho messo dei segni per ricordare,
che proprio quest’uomo è stato una volta mio padre.
Lui non mi dice nemmeno una parola d’amore
benché sia stato una volta mio padre
benché io sia stata la sua figlia primogenita.
Non può dirmi nemmeno una parola d’amore.
*
QUADRO
I boschi di pecore verdi scivolavano giù dai pendii
e il mare di sotto sciabordava blu sotto il sole.
Nel cielo fiorivano nuvole come gigli di fiume
e noi eravamo ancora bambine.
C’era una tra noi dagli occhi amati
e tutte ne fummo gelose finché dimenticammo,
e c’era una tra noi chiara ed eretta
che interrogavano in classe e sapeva dare risposte.
E uscivo nel sole verso il campo vicino
e amavo le nuvole e su di esse inventavo storie
e avevo tutto il tempo di meditare sul dolore
dall’inizio dell’autunno grigio alla fine dell’estate gialla.
*
SCINTILLE DI LUCE
E in questa materia oscura furono impresse macchie di luce
e non si udì in esse alcun suono né alcun fruscio le attraversò
come olio di mirra scorrono e sgocciolano dall’ampolla.
Esse scorrono come profumi e morbido e calmo è il loro movimento
e in questa materia oscura si raccolgono in una piccola polla
e vi è in esse grazia e delizia che si levano e traboccano.
E in questa materia oscura si svela una miniera d’oro
questa materia oscura rivela le sue profondità
c’è un amore delicato tra l’oscurità e l’oro.
Sono abbracciati e sereni e non c’è tra loro suono né soffio
e la luce gocciola e bacia questa materia con le sue labbra
e l’oscurità muta il suo corpo in un pozzo per le macchie d’oro.
E in questa materia oscura furono impresse macchie di luce
non si udì in esse alcun suono né alcun fruscio le attraversò
e come olio di mirra scorrono e sgocciolano dall’ampolla.
*
ORGOGLIO
Anche le rocce si spezzano, ti dico,
e non per la vecchiaia.
Per anni giacciono sulla schiena al caldo e al freddo,
per così tanti anni,
quasi si crea un’illusione di calma.
Non si muovono, così le crepe restano nascoste.
Una sorta di orgoglio.
Molti anni vi passano sopra, in attesa.
Chi mai saprà frantumarle
ancora non è arrivato.
E così il muschio prospera, le alghe le trascina via la risacca.
E sembra che siano immobili.
Finché una piccola foca non verrà a strofinarglisi contro,
verrà e se ne andrà.
E d’un tratto la roccia è ferita.
Te l’ho detto, quando le rocce si spezzano, succede all’improvviso.
Per non parlare delle persone.