“Guardare” è una rubrica che propone poesie inedite scritte da ventenni e trentenni e che prova a raccontare il nostro momento storico dal punto di vista del loro immaginario. Seguite questo percorso, che ci accompagnerà nei prossimi mesi con un’uscita ogni due settimane. Tessera dopo tessera si configurerà un mosaico, in cui speriamo emergano interrogativi, chiavi di volta e genealogie di un tempo che muta velocemente, lascia disorientati, ma chiede anche nuove e autentiche forme del guardare. Nella prima uscita quattro poesie di Riccardo Socci (Recanati, 1991).
Ha un evento reale e al contempo simbolico
di cui parlare. Ha finalmente smesso di fare i sogni.
C’è un uomo tenuto insieme dai farmaci
che aspetta di andare a fanculo nella morte.
Scrive queste cose per sentirsi più solo.
Trascorre ore in mezzo agli alberi
lasciato sulla sedia a sdraio a guardarli
finché niente accade. Morire è questo
diventare sempre più piccoli nelle fronti
delle persone puoi a volte vedere un buco
pieno di bolle inutili di memoria. Ha smesso
di crescere, urla quando si deve da un piano all’altro
della casa la cena è pronta ma vorrebbe
parlare. Ha in mano una poesia che sembra
un’agenda a righe, gli impegni di lavoro le interrogazioni
con i voti degli studenti, com’è stato
parlarsi in bocca il giorno di un dicembre
qualunque inventare una risposta.
*
Quando vedeva da piccolo la gente chiudere le finestre
tirare le tende nelle case l’uomo provava disagio
ma adesso capisce i propri simili e i più vecchi
avere paura e l’idea della paura. Cosa c’è da ridere
è stata un’educazione importante come la tenda chiusa
ha appreso molte nozioni sull’universo in termini fisici
e morali nelle aule della scuola gli eventi che determinano
la nascita e il corso di una società i possibili ruoli
di un individuo al suo interno. C’è il viso di una donna
da dove entra la luce che adesso lo illumina
tiene la mano dell’uomo per la prima volta
in questa storia lo aiuta a salire le scale ripete
non ti lascio cadere e lui vorrebbe, forse c’è tempo
per ridere nelle loro mani prima del tempo della paura.
*
È molto tardi la notte quando apre il portone
per mettere fuori la differenziata. Nella stanza
l’uomo fa un salto nel sonno, è un buon segno
rinviene con una boccata di angoscia in gola.
Dalla televisione le voci ricompongono l’occasione
di uno scooter elettrico, presìdi medici per anziani
vibratori nell’addome e più basso sembra una sorte
di vento il suono dell’enfisema polmonare.
C’è un po’ di luce che rischiara il legno del pavimento
un uomo che cerca di vivere oltre la parete
un uomo che è sempre vivo. Oggi hanno condiviso
il tempo della giornata come un panino a pranzo
sulla cima di una montagna, è stato bello salire
con gli scarponi tra i ciottoli bianchi.
Ha accartocciato la stagnola, giovedì mattina
portano via l’alluminio l’album con le foto
per un altro ordine di rifiuti, chiude la porta
accostando più piano che può per fare
quanto rumore basta.
*
Le orme di piscio delle pantofole nel bagno
si direbbero un evento che è stato condiviso.
Le mutande con il piscio che disperde nell’aria
dentro la camera la sua parte acquosa
mentre una donna in fila alle poste sta per entrare
con “Le particelle elementari” da poco iniziato
sul comodino. Ne avrebbe discusso qualche anno
più tardi, come fa la gente nelle case
con il cugino durante la cena della vigilia.
Il figlio gli vuole bene, l’uomo fa parte
integralmente della realtà delle cose di lui
non resta fuori niente, ha osservato l’evento e pensa
a quanto non potrà esistere se non altrove
in un racconto, per il libro, il sesso
umido della donna il tasso dei buoni fruttiferi
il secchio con il gel disinfettante poi la schiuma
sulla superficie dell’acqua e anche il tempo
asciugandosi lascia un alone.