Sei poesie da “Il rumore è il messaggio” di Andrea Inglese, da poco uscito per diaforia (Viareggio) in collaborazione con dreamBook Edizioni (2023).
Aspetto che il messaggio sorga in me
non devo correre devo starmene buono
il più possibile cavo
affinché il messaggio si formi
con tutta la pazienza dell’interiorità
quando è perfettamente cava
da dentro
per progressivi palpiti
fuori da ogni possibile interferenza
fuori da ogni corsa
da ogni ascolto indiscriminato
il messaggio sale
con una forza apodittica
ha una sua muscolosità
chiaroveggente e acerba
lo porto fino all’ultimo fiato
quando giù nel cortile
in mezzo al viavai degli adolescenti
io parlo di quello che ho sentito
ho sentito precisissime cose
come il tremore del tempo
o forse il tremore degli alberi
o forse il tremore delle membra
perché siamo tutti sottoposti a qualche sforzo
a qualche maligno sforzo
questo è universalmente chiaro
universalmente fresco
nel mio messaggio di poche
parole
*
Il messaggio non deve impensierire lo spettatore.
Il messaggio non è un messaggio di morte.
Il messaggio invita lo spettatore a guardare dentro il giardino.
Il messaggio se arriva di notte, potrebbe essere evangelico.
Il messaggio è circolare, non pone difficoltà concettuali o percettive.
Il messaggio è un cerchio abbastanza perfetto.
Chi emette il messaggio non deve esserne infastidito.
Chi emette il messaggio è in uno stato di ottimale sordità.
Il messaggio non porta disgrazia.
Il messaggio è preventivamente asciugato.
Il messaggio è preventivamente liberato dalla polvere e dal fango.
Il messaggio è posato sul bordo del piatto, appetibile.
Chi emette il messaggio non dev’essere perturbato.
Il messaggio dev’essere rinvigorito costantemente.
Il messaggio è quello di un amico.
Il messaggio bisbiglia dietro le porte.
Il messaggio campeggia in corridoio a luci spente.
Il messaggio non deve interferire con la salvezza, no, con la calma dello spettatore.
Quello che nel messaggio si vede, lo vede bene anche lo spettatore.
Quello che nel messaggio manca, manca anche allo spettatore.
Il messaggio non sale da un condotto comunicativo scorticato.
Le persone amano i (propri) messaggi elettronici.
Più i messaggi sono elettronici più le persone (si) amano.
Il messaggio deve giungere a distanza.
Senza l’adeguata distanza il messaggio muore.
Non intendiamo precisare il contenuto del messaggio.
Non siamo pronti a emettere alcun messaggio di prova.
Lo spettatore è completamente solo di fronte al suo messaggio.
Il messaggio non fa continuamente che accadere nel corpo esausto dello spettatore.
Il messaggio è l’insetto.
Il messaggio può essere schiacciato come l’insetto sotto i piedi dello spettatore.
Il messaggio non può essere argomento di discussione.
Il messaggio arriva sempre molto tardi.
Non è possibile attendere il messaggio, il solito messaggio.
Uno spettatore si sveglia con il dovere di accogliere il messaggio.
Anche nel sonno lo spettatore non è fatalmente escluso dal messaggio.
Il messaggio porta il tormento del corpo.
Il messaggio è fatto di amicizia.
Il messaggio arriva quando nella casa se ne sono andati tutti.
Il messaggio serpeggia.
Gli autori del messaggio si aggirano completamente impotenti una volta che
il messaggio è stato emesso.
Il messaggio è stato accettato da tutta l’umanità, anche nelle isole remote.
Il messaggio invita lo spettatore a stupefarsi.
*
Quello che tu mi dici non è chiaro
tu me lo vuoi dire veramente questo è chiaro
ti senti pronto per dirmelo sei in grado
di farlo con chiarezza, ma io
non sono ancora pronto, per questo
inserisco una sorta di rumore
di rumore di frasche o di temporale
con l’agitazione delle frasche e il rumore
vario e circondante del temporale
io pratico un po’ di sordità
di fronte alla tua chiarezza
ma è una semplice difesa
ed è legittima difesa
quello che tu mi dici chiaramente
lo dici perché affondi dentro me
non come una frase vaga e sfuggente
ma come significato solido
che si àncora e rimane fermo
tu vuoi che qualcosa ora sia fermo
dentro me talmente chiaro
e solido da rallentare tutto
forse il ritmo persino della vita
per questo è necessario
un rumore di fondo
le siepi alte e scosse le fronde
degli olmi dei lecci le ramaglie
e l’avvento del rombo temporalesco
tutto questo mi aiuta ad ascoltarti
senza eccessive conseguenze
*
Mi dicono questi amici, questi fedelissimi
che la parte migliore della mia voce è la loro
voce, mi dicono che le parole più belle che scelgo
quelle più universali, rivolte a tutte le specie del creato
anche di pianeti altri, sono le parole già scelte
da loro
che loro scelgono dopo ma sono come
anticipate
perché nella loro bocca, nei loro testi
hanno un significato squisito
che assomiglia al mio
ma è il loro
questi fedelissimi amici sono i veri colleghi
che ho a lungo sognato, attenti
alle forze e al respiro
di ognuno, anche al mio, venendo con le mani
morbide per carezzare, alleviare
e dicono adesso che la parte
migliore del mio lavoro è il loro
lavoro, fatto come lo fanno loro
venendo dopo, venendo calmi
dopo gli sforzi i gesti difficili
dopo la lunga dichiarazione
e portando via tutto
registrando tutto
in modo che io sia riposato e fermo
dietro, ben abbuiato
nel mio silenzio
*
Vorrei che il messaggio fosse pronto per stamani
per stamani senza neanche averci pensato
grazie a una sorta di spontaneità vegetale
puramente clorofilliana
ho tra le mani il mio messaggio
perché stavolta è certo che sarà muto
affinché non ci siano rischi
male intenzioni
interferenze del codice
gente attorno che fa pressione
parlottando severa da piccoli schermi
le mani basteranno
anche se dovrò starmene in piedi
(mani e braccia s’intende)
in piedi nel mezzo del flusso
non sono i flussi che mancano
scaricano e ricaricano a ogni angolo ogni cosa
io non è che debba guardare chi
lo sguardo stavolta non suggerisce
non incornicia un bel niente
tutto un messaggio arrivato secco
dal buio dal silenzio
nel moto delle mani
come una segnalazione
venuta da un codice parallelo
parallelo ma più sano
parallelo e definitivo
basta che qui nel mezzo
fermo su due piedi con le braccia
leggermente mulinanti
non mi prendano per un vigile
*
Non è che io attendo
io non attendo proprio niente
non devo neppure pensarci
io non penso proprio a niente
il messaggio è pronto
come fosse alle mie spalle
già caricato teso puntato
attesissimo
è un messaggio al passo coi tempi
o meglio sarebbe dire è la voce dei tempi
il tono il timbro che essi prendono
avvolgendoci tutti
se i tempi sono neri il messaggio è nerissimo
perché il messaggio è nei tempi
ma li trascende sempre di un poco
se i tempi sono rosei
il messaggio è estremamente rosa
un rosa oltre il rosa
che trascende il bene nel bene
perché così è del messaggio
fa corpo con tutto me stesso
e tutto me stesso fa corpo coi tempi
e i tempi sono un corpo fluente ma non sempre
benigno
i tempi hanno anche dell’oscuro
tagliano ma non bene
quando i tempi sono oscuri piovono
colpi di scure a casaccio
sono metafore violente
quelle che la mente espelle
quelle che la parola dice
portando un poco più oltre
la violenza sulla punta
tagliente del messaggio
questo è quello che io posso fare
facendo circolare me stesso
tutto interamente nella voce
ma anche nei gesti nella camminata
nelle mani avanti balzando avanti
con il cuore i nervi la pianta dei piedi
mi lascio trascinare via dal messaggio
che non rimanga nulla indietro
nulla d’indeciso di poco chiaro
di non ferocemente convinto
non ci dev’essere nemmeno un velo
un’ombra un ritardo nella voce
questo non è sopportabile
per chi porta tutto se stesso nel tempo del messaggio