Scena madre in un acquaio
la marea è fine ripetuta che
rigetta l’urto non deflagra un’onda
sopra e sotto che converge
Il binario è sospeso dolori semplici
di materia rilevata contraffatta
Quel signore ha impresso del metallo
è disteso trapassato in un fiume di detriti
esonda un colore opaco voce scura
diranno la paura il silenzio scomposto
tra pelle e tessuto
*
Spazio chiuso d’entrata porte
aperte all’esodo è un tubo un
passaggio secco per questioni di morte
con enormi onde più in là
nel centro stranianti per tutti
Mentre mi parli scappa
percorri l’isola esci
dall’acqua che c’è dentro
congiungiti ad un liquido comune
dove si lavano tutti i figli
*
Rimetti i vertici alle pareti numera le parti
se è madre un io dentro la carne
e di lui resta ambiguo perde il segno
Sabbia attorno il lago
nel vuoto non entro è risolto
dovevo pagare perché dicessi
nello specchio la visione
l’apparenza incolta la distanza
la morte perpendicolare di riflesso
*
Il fondo ha un contorno che sovrasta
sfuma nella figura di una donna
che protende labbra come tenaglie incandescenti
mentre rotolano sguardi d’ossa incastonati
violente dissolvenze temporanee
i capelli glieli tira il vento
*
Attraversare
per dire il tempo che manca
al finire del punto iniziale
il nodo di tutto
Gradini: due
madonna con bambino
video sorvegliata nell’androne
fanno presto ad aprire un giardino
che non si può calpestare
e il fiato che mette il saluto
è flebile quando la luce si accende
posa la giacca distende le gambe
ed ecco è quanto
(da “Pietre da taglio” di Anna Franceschini, Edizioni Kurumuny. Non è stato sempre possibile rispettare la grafica dell’originale.)