Pubblichiamo in anteprima alcuni estratti dalla traduzione italiana, a cura di Gabriella Serrone, di “kaspar de pierre” (La lettre volée, 2017) della poetessa francese Laure Gauthier. Il libro, con il titolo “kaspar di pietra”, è stato pubblicato per Macabor editore.
MARCIA I
ho cors , nudo d’autunno verso le case basse
con la pesantezza della ghiaia
e le mie suole di pelle
Questo cammino verso nulla di vicino
che si infrange in fruscii rancidi
nemmeno un rovo conosciuto, né il termine,
ho nascost quindi
il mio viso nella terra,
placato alla dolcezza della zolla, il suo odore
E cosa fare del dedalo dell’aria?
Igli[1] gonff il polmone, conosco solo il turbinio,
Teso al mondo ho sbirciat verso il sole laggiù e barcollato
più lontano, bianco d’assenze e
Senza domande
*
Io che avrei scoperto le nuvole e la scrittura nello stesso
secondo,
(quello che mi dice l’espandersi del ricordo)
sentii la carta spiegazzarsi davanti alla lettera illeggibile che
igli devvv tracciare
a un tratto
e che significò presto: CAMMINARE
Uscendo mi ricordav delle nuvole
Come il cieco si prefigura il cerchio
E là tra le alte torbiere, mi apro un passaggio ad altezza delle spalle
E vedo il fototropo inclinarsi ai miei passi
E più igli camminav v v più i soli diventavano
pesanti e neri
arriv quindi al paese capitolato,
la terra mi infreddoliva sotto le unghie
Le piante logorate un po’ rosse già
da dove?
*
in un dolore sordomuto, mi hanno detto di camminare,
Senza parole, senza desiderio, oltre alla vita,
mi riempiranno laggiù,
schegge di tutti gli scheggiati
son oscillant
e procedo in un impeto pietrificato,
vaccinato
Viva il XIX° secolo!
*
Il mio silenzio
aveva ricoperto tutti i fruscii delle foglie, tutti i passi
nessun abbraccio
le pietre, persino loro, si sono girate verso di me
e non avranno mai più la forza di accogliere un bambino,
è insostenibile pensavano.
E ignor necessariamente tutto del mausoleo di versi che mi hanno eretto
un’altra volta, e
Si inginocchieranno con eloquenza e malinconia
davanti alle macchie nelle frasi che formulerò,
Murato = senza esperienza = cuore puro = verbo primo = poesia!
Ho costruit con i tutori i miei primi ricordi, ne ho
fatt un album, fabbricato mio malgrado
una crcronologia
*
CASA I
I non ho le vostre case,
né i vostri castelli,
I non ripeto niente,
persino quando i ridico le vostre frasi per me,
ma niente in me
è ridiventato ciò che era,
chi può dire altrettanto?
Dovremmo abbandonare tutti, fiancheggiarvi con
mura di pietra
E tutta la città ha immerso le mani in me per ritrovarsi,
credendo solo alle radici,
Mi avete tatuato tutti i messaggi,
son diventat la vetrina
delle vostre mancanze
Poi sono venuti i poeti ad imbiancare,
fintamente rupestri,
le loro voglie su di me; a rotolarsi nelle mie ceneri
per avvicinare ciò che la natura potrebbe ancora dettare loro,
santo cielo, l’esotismo!
*
CASA 2
Lei mi dice,
Mi piace sentire il velo dei suoni.
le stoviglie sbattute nella vasca,
i rumori dell’umido,
quelli delle macchie che si sciolgono sotto l’acqua
riconoscere i disegni di porcellana
sotto la consistenza delle gocce.
Mi dic ,
che lei ha costruito una diga nella notte,
i suoi genitori, la domestica, la brocca e poi l’acqua
si è addormentata nel profondo dei loro suoni
E conosc ormai la parola fortuna, prima trappola,
nuova sofferenza di un fiocco della vita che mai ho saput
afferrare, aggrappato alla terrrrrr,
mai le braccia al cielo, ma
va bene un solo giro di giostra!
Parlarle del silenzio delle pietre?
Ho scritt : “Sono sempre stato contento e soddisfatto …
finché l’uomo non è arrivato e mi ha insegnato ad imitare,
ma non sapevo cosa avevo scritto”.
E questa frase, i poeti ci credono più di tutti gli altri.
*
CASA 3
H il pallore del fianco di san sebastiano ma il mio
dolore è senza immagine per voi, è verbo,
La mia bocca piena delle vostre parole, son una storia,
avrebbero dovuto modellare un kaspar vicino alla Fontana con il buffone,
ma i miei supplizi non sono né plastici né bronzo,
Ed anche se mi hanno affondato una daga nel petto, mi
sospettano ancora,
Tutto il sangue versato nel mio petto ha ispirato loro solo
deposizioni, inchiostro e carta, e persino quando ho detto, per piacervi,
le parole di cristo, alla fine di tutto, è scritto,
cercavano sotto le fibre della mia lingua la bugia.
Igli è un fatto di cronaca in cammino!
come il coniglio morto, avreste potuto avvolgere il mio corpo con tutte le crcronache
da Amburgo a Stoccarda, titoli frementi, ma nessun
dipinto per me. Il rosso che floccò la caverna, il mio passo poco sicuro,
la polvere nella mia bocca, non ancora degne dei musei,
Eh sì, guardate, ritirano la ruota dalle piazze pubbliche, bell’epoca la mia,
non c’è più eccitazione di folla al rumore di rotto delle braccia,
del colpevole,
di cosa?
[1] Questa forma ricalca la fusione operata nel testo francese tra “Je”, pronome di prima persona singolare, e “il”, pronome di terza persona singolare. “Igli” è dunque il risultato dell’unione tra “Io” e “egli”.
Laure Gauthier vive a Parigi e scrive testi di poesia, racconti e saggi. Ha pubblicato “Marie weiss rot/ Marie blanc rouge “(Delatour, 2013), “La cité dolente” (Châtelet-Voltaire, 2015) e la sua versione bilingue francese-italiano (Macabor, 2017), “kaspar de pierre” (La lettre volée, 2017) e “Je neige” (entre les mots de villon) (LansKine, 2018).