Sei poesie dall’ultimo libro di Maurizio Cucchi, che organizza qui alcuni suoi testi civili composti negli anni passati e nel periodo recente. Dal titolo “Nel basto territorio tossico”, l’edizione è uscita per Interlinea ed è stata promossa dal Festival internazionale di poesia civile di Vercelli.
SEGUACE DI NUVOLE
C’è chi si aggira con lo sguardo al suolo
e dunque a capo chino e chi invece
osserva diversamente il mondo
in cui si trova immerso e scruta, perlustra
lassù i disegni fantastici e insondabili
di minute particelle e cristalli in forme
galleggianti perché a sua volta attratto
da correnti ascensionali di cui si vorrebbe
parte coinvolta in un più ampio
e virtualissimo spazio, sentendosi fratello
sempre in divenire di chi viaggia
al tempo stesso inquieto e sereno
tra parola di poesia e sogno musicale.
EUCALIPTO
Ho poca, pochissima
confidenza con voi, che pure ammiro,
nel vostro quieto, silenzioso
ergervi anche nella via
qui di fronte trafficata. Ma il mio pensiero torna
tranquillo a quella salita d’isola,
a Levant, che ci portava
dal porto alla dolce piazzetta surreale
tra tiepidi corpi esposti in minima malizia,
e il profumo che sprigionava l’eucalipto,
come laggiù lassù a Hanging Rock,
era capace di rendermi a un tratto,
fra terra, tronchi e fronde,
incongruo dilettante amico d’alberi.
GAS SIBERIANO
Vorrei essere lassù immerso nel bianco,
nel gelo di un nord avventuroso
nella città fatta dal nulla sulla baia,
ma non m’importa della rompighiaccio,
né dell’immenso giacimento di gas
siberiano liquefatto. Mi attrae
il senso dell’estremo, di un nord
totale e senza scampo, su un confine
quasi invalicabile, un confine
proiettato verso l’idea del nulla.
Ma a chi si inabissa, invece, nel potere,
la rotta artica di Yamal è soltanto
affare di manovre, di gran forum
economico mondiale, di mercati
energetici globali, e quel residuo
d’avventura, di immaginazione
aperta non è altro che materia
per sparuti fanciullini come me.
FUTURO
Vorremmo un’idea per un mondo
civile, nuovo sulle spalle dei secoli,
un’idea da mettere in comune,
ricca di argomenti e cose,
aperta a un vivo presente
in costante divenire su se stesso,
lontano da ogni miserabile
forma di rissa, basato
sulla bellezza dell’esserci
intimo e privato, quotidiano,
lontano dal varietà di massa,
dall’arroganza incompetente
dall’ignoranza supponente.
UMANI UMANOIDI
Instancabili, super attivi, maschi
e femmine meccanici e feroci
nell’ascesa e nella prestazione,
per scelta indotta essi stessi ormai,
ben più che umani, autentici umanoidi.
Dunque, mio amato robot,
mio fervido e fulgido congegno,
mio metallico e sonoro Frankenstein,
mentre stringi commosso l’amata
pur umana ai tuoi motori, sappi
che in vile agguato il tuo rivale
è sotto il letto, ed è subdola, sleale,
creatura assai robotica, d’accordo,
meccanico individuo, artificiale,
eppure in carne, ossa, sangue,
cupa figura di un umano residuale.
GRETA
«Morirà il pianeta, ma che importa»,
dicono, «moriremo anche noi,
ma moriremo ben pasciuti e potenti
e voi con noi, ma miseri e sofferenti».
Ma intanto, qua e là, gruppi sparuti,
figli e nipoti della comunque crescita,
vanno verso un domani di lentissimo,
pacificato sopravvivere in natura,
ruvidi e pensanti, macchie sparse
sempre più numerose e sane,
nel vasto territorio tossico
che sarà stato nostro lascito e dono.