Sei poesie da “L’età dell’uva” di Mattia Tarantino (Perrone, 2021).
Dammi una parola
onesta, che risolva
la brevità del mondo e delle cose;
che sia oppure indeclinabile,
sospesa nella voce a stabilire
cos’è che dura e cosa non ha tempo.
*
Non è difficile la formula del mondo.
È questo cielo, un po’ di vino,
il tuo nome che si apre quando dico
le tue vene la mia eredità:
poi più niente.
*
Cancella l’alfabeto. A noi
non servono né segni né vocali
perché il cielo, il pane, i fiori
esistono più forti senza nome.
*
Io inizio dove la tua voce si interrompe.
Dove cade l’ultimo accento dell’ultima
parola ho la mia casa.
*
La tua lingua è un palindromo interrotto
a metà dell’alfabeto e mai risolto.
*
I bambini giocano a intrecciare
le storie dei morti: hanno mille
voci in una sola lingua.
Conoscono la linea tra il mondo
e la sua conclusione; intuiscono
che le cose non durano e bisogna
piangere per tutto e per tutto
strillare, agitarsi, poi ridere.