Quest’anno la sessantesima edizione del Premio LericiPea ha premiato, per la sezione “Angloliguria”, William Wall, “uno dei più apprezzati poeti e narratori irlandesi, caratterizzato da una asciutta sensibilità lirica e da uno sguardo risentito e ironico sulla realtà sociale dei nostri tempi travagliati” come scrive Massimo Bacigalupo nella nota di presentazione nell’antologia, edita da Interlinea, che raccoglie una scelta di testi di ciascuno degli autori premiati. La sezione “alla Carriera” è andata a Tommaso Kemeny, la sezione “Edito” è stata vinta da Maria Grazia Calandrone e la sezione “Paolo Bertolani” da Giuseppe Rinaldi in arte Kaballà. Proponiamo quattro poesie di William Wall nelle traduzioni di Adele d’Arcangelo, che offrono uno scorcio su un autore ancora poco conosciuto in Italia, “continuatore di una grande tradizione di poeti anglosassoni innamorati della Liguria e del Golfo, da Shelley e Yeats a Lawrence e Tomlinson”.
Riconoscerei i tuoi passi
il profilo delle tue spalle
il modo in cui pieghi la testa
se camminassi all’orizzonte
a tre miglia di distanza
ovunque ci siano orizzonti
steppe o deserti
riconoscerei i tuoi passi
riconoscerei la tua voce
all’interno di un coro di voci
che canta il più grandioso inno corale
un alleluia inimmaginabile
nella cattedrale più immensa
all’orizzonte di una steppa o di un deserto
riconoscerei la tua voce
riconoscerei i tuoi capelli
in una bottega di stranezze di rame
in una cesta di castagne
nel laboratorio di un orafo
i tuoi capelli rosso oro
in una cattedrale di rame e oro
all’orizzonte di una steppa o di un deserto
riconoscerei i tuoi capelli
riconoscerei i tuoi suoni
durante il sonno
il rumore dei tuoi sogni
se tu fossi il coro
di una immensa cattedrale
o il rame in un cavo
o la strana creazione di un orafo
all’orizzonte di una steppa o di un deserto
riconoscerei i tuoi suoni
*
Volo
Ho perso il volo
per via dell’allarme terroristico
che ha terrorizzato tutti
avevo in tasca del liquido
che pensavano
fosse esplosivo
solo le lacrime artificiali
che ho iniziato a usare
perché scendono più facilmente
& con meno dolore
& mentre ero in attesa che le mie lacrime
venissero disinnescate
gli altri passeggeri si dicevano
chi mai poteva pensare di portarsi
lacrime in viaggio
durante la guerra del terrore
& dove pensavo di andare
& su chi le avrei versate
*
Napoli, traghetto per le isole
vai al Molo Beverello ci ha detto
paga al chioschetto
c’è un traghetto lì
non ti addormentare sul sedile all’ombra
sennò ti tocca visitare tutte le isole una alla volta
& tornare al punto di partenza
e quando ti svegli avrai attraversato
il passato il presente & il futuro
& dovrai ricominciare daccapo
lo vedo fermo sulla banchina
degli uomini tirano fuori scatole dalle auto
se le scambiano nel buio
alcuni aspettano che sbarchiamo
quando toccheremo terra entreremo in un altro mondo
sento il brivido della traversata
tutto sarà uguale
e diverso su questa riva
quando ci volteremo a guardare la nave
sarà come guardare verso fuori
anche se la traversata sarà sempre la stessa
noteremo la luce incerta
un’increspatura dell’aria
un moto nella marea del fluido che respiriamo
il mondo è sempre nuovo visto da un’isola
*
Nel telescopio di Galileo vedo
nel telescopio di Galileo vedo
non chiaramente
non molto distante
qualcosa di già incontrato
un vecchio coi capelli bianchi
poveri occhi
poveri occhi
deboli & in lacrime & pieni di ricordi
& lui è me stesso tanto quanto mio padre
dopo che la conduttura si ruppe e gli allagò
la testa
si gira e guarda il mio occhio imperturbabile
come al futuro dell’universo
il sole che muore
le galassie che si incurvano
tutto che si allontana & le stelle
che si avvicinano alla cecità
& non una sola volta
lui guarda altrove
questa è la tragedia di mio padre & forse anche la mia
che guardava imperturbabile & inconsolabile
al domani
& domani notte
nel telescopio di Galileo vedo
un altro paese
non molto distante
dal quale oggi c’è l’indelebile futuro
& il passato di un altro bambino