Pubblichiamo l’inedito “I nostri eroi di scorta” di Vittorino Curci a cui seguono altre sue cinque poesie dall’autoantologia “Poesie” (1997-2020) da poco uscita con prefazione di Milo De Angelis per La Vita Felice.
I NOSTRI EROI DI SCORTA
1.
ubbidiscono ad altre leggi
quelle severe della carta straccia
sorreggono pesi
con i piedi puntati nel terriccio
sono santi con punti fragili
di cui impunemente si gloriano
2.
ora siamo tutti nel campo. tutti.
il falegname zimmer
è una voce prigioniera.
il martello guida la mano
in una montagna di immagini
strappate al nulla che ci assedia.
quel che doveva accadere
è già accaduto
3.
il cappotto e il berretto
lasciati sulla poltrona.
la disposizione sul foglio è determinata
dal caso e dalla gabbia.
il corpo è un paesaggio sul confine friabile
curato con grasso e feltro.
il signor bibliotecario, in un impeto cieco,
improvvisa canzoni
natura non contristatur
4.
pensierose come sempre, come
il direttore del museo
che davanti a quella platea di matrone
esordì dicendo «signori».
siamo troppo vecchi per fare questo.
ci vorrebbe un colore più aggressivo…
il viola copre tutto
5.
per strade bagnate
su vette e declivî
il penitenziale soffoco
di una fine protratta. a volte sono
proprio i luoghi di confine
quelli in cui non succede niente.
si festeggia (o si piange)
da una parte e dall’altra
*
PROSSIMITÀ DEL BENE
ciò che si presta alla discussione è niente
i morti sono stati dimenticati
e i vivi si accontentano di essere vivi.
oh quanto questo oscuro brusio
intorno a noi che fummo
ci restituisce il bene
di chi credette in noi, le donne e gli uomini
che ci tenevano in braccio
sul treno in corsa dell’avvenire
c’è, ci deve essere, un modo per piangere
e non lasciarsi andare alle cose
inventate, qui dove non c’è anima viva
*
INFINITO PIÙ INFINITO MENO
invece di una soluzione cercavano un colpevole.
sapevamo anche noi che la notte i ponti
restano in ascolto, ma questo non bastava.
la storia accelerava. i rivoltosi chiedevano
con urgenza una buona fornitura di cammelli
per farla breve non so se faccio bene a parlarne.
zolle sature di cielo azzurravano i sassi.
l’irrequietezza delle bestie
era l’ultimo dei pensieri. per farla breve
ci giocavamo tutto in un istante: così poco durava
il passaggio da un paese all’altro
verso sera la fontana comincio a ragliare.
l’attacchino era circondato da curiosi.
l’aria sembrava più leggera. restava un mistero
cosa mettere insieme. una volta lo sapevo
…
dopo ogni perdita, dopo
ogni sconfitta
mai ci fu resa dei viventi
quando la miriade
era un numero esatto.
dall’altra parte ci sono
gli ospedali di notte
e la tela grezza dei pensieri
che vanno e vengono
sotto la pioggia.
ma alla fine sono stato io
a cercarti, vita che dà vita,
amore senza nome,
taciturno amore.
in questa città dolente
noi ci amiamo in segreto
*
brancola ogni forma di obbedienza
in questa sera bituminosa di febbraio.
tutto sarà fatto con calma,
dalla veglia in poi, dalle istruzioni
al ventottesimo giorno.
il nostro sabotaggio del reale
procede senza intralci.
abbiamo lune tatuate sul petto
e la capacità di intuire
il significato di parole sconosciute.
stiamo facendo il possibile
per adattarci ma non è facile.
ieri, domenica, mentre
traslocavamo per la terza volta,
abbiamo ricostruito a memoria
la nostra casa
*
DA «L’ORA DI CHIUSURA»
XIV
sono nel momento che ricorderanno,
nella gioia di un presente che esplode
tra due secoli.
erano e sono i pensieri di un bambino.
una meta sperata, una data.
mai, non potrei mai girare
questa pagina. chiudo gli occhi. esco
in silenzio