Pubblichiamo in anteprima alcune poesie da “Dendrarium” di Alexander Shurbanov (Fogli di Via, 4), a cura di Valentina Meloni, traduzione italiana di Valentina Meloni e Francesco Tomada, Musicaos Editore.
BALLATA DEL TIGLIO BULGARO
Un liutaio americano
(pizzetto, occhiali rotondi),
è apparso alla televisione bulgara
raccontando di come si fosse sposato
e stabilito in questo paese,
perché non esisteva albero più adatto
a costruire un violino
del tiglio bulgaro.
Uno o due secoli fa,
un monaco nel monastero di Rila
intagliò dallo stesso tiglio bulgaro
una croce coperta di scene bibliche,
fino a diventare cieco dal lungo scrutare.
Ma la sua croce continua a darci gioia.
A giugno le nostre città sono avvolte
in un profumo soprannaturale,
mentre il più odoroso dei tigli, il bulgaro
erompe nella fioritura.
Le api si affollano in sciami,
desiderose di raccogliere nettare prezioso
per il dolce miele che stilla
solo dall’autentico tiglio bulgaro.
Anche gli zingari lo soverchiano avidamente,
spargendo in terra i suoi rami,
cavalcandoli e spogliandoli nella speranza
di guadagnare velocemente un penny onesto
come raccoglitori di fiori di tiglio.
Quando hanno finito e se ne sono andati,
la scena somiglia a un luogo di massacro.
Ed ecco che l’Americano esce
dopo lunghe ore in studio, felice
di camminare un po’, quando di colpo si ferma,
sollevando gli occhi e fissando pietrificato
il tiglio bulgaro profanato,
mentre sulla sua faccia un passante osserva
una perplessità assolutamente non bulgara.
*
SONO IN PACE CON GLI ALBERI.
Dopo che una battaglia si è conclusa
torno da coloro
che mi sono alleati
quelli che non mi deluderanno.
E loro invariabilmente mi salutano con canti di uccelli.
Gli alberi non si aspettano nulla da me.
Il loro amore è fraterno,
silenzioso e poco esigente.
Non rammento di aver fatto nulla
per cui dovrei meritarlo.
*
ERA UNA BELLA GIORNATA
e il cielo di un Aprile chiaro.
Il ciliegio
indossò
il suo copricapo di merletto bianco,
e mille pensieri alati
presero a cinguettare
sulla sua ariosa chioma.
Il ciliegio
non si sforzava di essere
una palma o un baobab.
Era contento
di essere un ciliegio,
il quale arrivato il suo momento
avrebbe appeso due pendenti rossi
su ciascuna delle sue orecchie,
due gocciole dal suo cuore.
Siccome non aveva nulla da fare
quella mattina,
il ciliegio se ne andò
a passeggiare in cielo.
*
CLANDESTINI DI FORESTA IN CITTÀ.
Non riuscendo
a conquistarla assalendola,
ora la foresta
tranquillamente
entra in città in punta di piedi.
Lungo ogni strada e viale gli alberi
si stringono in silenzio,
appoggiandosi a muri di pietra
e accerchiando tacitamente
il cuore della città
nel loro inarrestabile assedio.
Vero,
sono più umili ora.
Hanno imparato
a osservare la distanza necessaria.
Non si riuniscono più in grandi gruppi,
formano invece linee ordinate da cordoli
piegando ogni piccola radice sottostante,
in modo da non danneggiare la pavimentazione liscia.
Da anni ormai
nessun uccello più si posa
sui loro rami potati –
tranne i passeri
(se possono contare come uccelli).
Ma doveva andare così.
La vita è impossibile senza compromessi.
E ogni fine giustificherà i suoi mezzi.
Per quanto possa essere dispersa,
piegata
e ferita
alle sue nuove maniere urbane,
la foresta alla fine si è intrufolata in città,
la foresta ce l’ha fatta, lenta ma sicura,
la foresta ha vinto,
la foresta…
Se questa
si può chiamare ancora
una foresta.
*
LA MORA È SCONTROSA.
Le sue numerose spine
sono cresciute contro il mondo intero –
non osare toccarla!
È scontrosa.
Sembra aver sofferto.
Ma prima che cada la neve,
dal profondo del suo cuore
si allunga con entusiasmo
con tutte le sue braccia e armature,
offrendo le sue bacche
in ampie manciate
a tutti i passanti.
Queste bacche semplici
non sono attraenti per gli occhi
ma per il gusto
sono dolci e profumate,
e un tantino
aspre sulla lingua.
Come un amore inconfessato
che è rimasto in silenzio troppo a lungo.
Traduzioni di Valentina Meloni
***
CONDIVISIONE
La donna abbracciava
il vecchio albero robusto,
premendogli addosso il proprio corpo,
parlandogli
senza sosta, amichevolmente.
In silenzio –
solo muovendo le labbra.
L’albero restava lì placido,
e ascoltava.
Traduzione di Francesco Tomada
Alexander Shurbanov nato a Sofia (Bulgaria) nel 1941, è un poeta, traduttore, saggista, critico letterario e professore universitario, nonché dottore honoris causa nelle Università britanniche del Kent e del Surrey. È autore di sedici libri di poesia, tra le sue più recenti pubblicazioni Primosole (English and Bulgarian versions, Sofia, 2016), Paesaggio invernale con corvo (antologia in lingua macedone, Struga, 2016), Dendrarium (Sofia, 2017; versione inglese, 2019). È il traduttore bulgaro dei Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer, delle tragedie di Shakespeare, del Paradiso perduto di John Milton e della sua tragedia I nemici di Sansone, delle poesie di Dylan Thomas e di numerosi altri poeti anglofoni. Nel 2020 sono state pubblicate in Bulgaria le sue traduzioni del Romeo e Giulietta di William Shakespeare e del Manfred di George Gordon Byron. Per oltre quarant’anni, Shurbanov ha insegnato Letteratura Inglese presso l’Università di Sofia e ha pubblicato numerosi libri di critica sia in patria che all’estero. È stato insignito della Medaglia d’Onore dell’Università di Sofia, del Premio Nazionale “Hristo G. Danov” per il suo contributo alla cultura.