BETELGEUSE E ALTRE POESIE SCIENTIFICHE

da | Apr 20, 2021

Esce oggi per “Lo Specchio” Mondadori Betelgeuse e altre poesie scientifiche di Franco Buffoni. Pubblichiamo cinque poesie in anteprima e l’inizio della nota dell’autore.

 

 

IL NOSTRO ANTENATO PIÙ ANTICO

Se è la presenza della bocca
E dell’intestino
Ad essenzialmente definirci
Come organismi bilaterali,
È l’Ikaria wariootia il nostro
Antenato più antico.
Ritrovato tra i fossili australiani
Cinquecento milioni d’anni fa già presentava
Due aperture connesse da un tratto digerente
Un fronte e un retro.
Da lui sono venuti pesci anfibi
Rettili e mammiferi.
Dunque anche noi.
L’Ikaria è un verme.
Noi, forse, un glitch.

 

 

ALGORITMO PAS DE DEUX

Applicando un algoritmo sviluppato
Per rilevare le galassie
Si è riusciti a vedere al microscopio
I movimenti dei filamenti proteici
Che compongono le cellule.
All’estremo opposto della scala di grandezza
Lo stesso algoritmo ha funzionato:
Microscopia a fluorescenza ottica
Per analizzare molecole biologiche
Che si eccitano, tanto da farsi rilevare
Grazie all’introduzione di proteine fluorescenti
In un algoritmo pas de deux.

 

 

ANTIMATERIA IN EXCELSIS

Uno dei misteri della fisica
È capire perché dopo il Big Bang
Sia caduta l’originale simmetria
Tra materia e antimateria,
Perché abbia prevalso la materia
E dove l’antimateria sia finita,
Perché non vediamo le anti-stelle
E le anti-galassie.
Un’esigenza manifesta
Già nel Dante delle simmetrie
E della regolarità,
Neutrini e antineutrini
Come i beati del cielo della Luna
Rispetto a quelli del cielo di Saturno.

 

 

INTELLIGENZA ARTIFICIALE

AI si sa è una sigla
E quando lessi che prossimamente
Si procederà al primo esperimento
D’inserimento nel cervello umano
Di un dispositivo atto a consentire
Una forma di simbiosi,
Restai perplesso.

L’obiettivo, lessi ancora,
È di creare un’interfaccia cerebrale
Facendo in modo che i nostri neuroni
Siano collegati a un’estensione.
Questa volta condanno e con forza,
Pensai, finché non lessi che potrebbe
Compensare lesioni cerebrali
Consentendo ai paraplegici
Di tornare a camminare.

Allora chiesi alla mia perplessità
Di inserire tra i suoi dati
Anche il volto di Manuel

 

 

TOI-700 D

Tess che non c’entra con d’Urbervilles
Ma è il cacciatore d’esopianeti della Nasa
Ha da poco scoperto a soli cento anni luce da noi
Un pianetino che è il nostro ritratto,
Orbitante attorno ad una nana
Rossa molto attiva
Della costellazione del Dorado.
Dove, se l’atmosfera avesse pressione sufficiente,
L’acqua sarebbe stabilmente liquida…
Oh, TOI-700 D, come ti hanno battezzata,
Fa’ in modo di non averla
La pressione sufficiente, o se ce l’hai
Nascondi l’acqua e i tuoi ruscelli copri
Di sambuchi, sii pudica con noi
Che un tempo avevamo verdi
La Sicilia e l’Australia.

 

NOTA

Il desiderio di coniugare istanze provenienti dal mondo dell’astrofisica con istanze provenienti dal mondo della microbiologia mi accompagna dall’adolescenza, quando ebbi modo di seguire gli studi di mia sorella, laureata in fisica nucleare, e di mio cognato biologo. (I quali in seguito, riproducendosi, hanno dato vita ai miei nipoti Stefano e Paolo: dedicatario – il primo – del libro di poesia Theios; e interlocutore – il secondo –
nel libro in prosa Più luce, padre.)
In questa silloge numerosi sono i passi afferenti all’uno e all’altro ambito, permeati tutti dall’ansia di comprendere metodi di studio lontani dai miei di specializzazione. Un’ansia che cerco quotidianamente di appagare leggendo articoli di divulgazione scientifica. In una di queste incursioni – che un tempo avvenivano in biblioteca, e che oggi posso effettuare comodamente a schermo – mi sono imbattuto in una dichiarazione del 2020 di Lewis Mosby, ricercatore presso il Dipartimento di Fisica della Warwick University, pubblicata sul «Biophysical Journal»: «Abbiamo usato un algoritmo sviluppato per rilevare galassie e altri corpi celesti: è stato emozionante applicarlo all’estremità opposta della scala di grandezza. La nostra ricerca ha fornito importanti informazioni sul funzionamento delle cellule muscolari dei mammiferi, e inoltre ha posto l’accento sulla possibilità di studiare un modello per nuove tecnologie intelligenti, basate proprio sulle interazioni tra le proteine. Sarebbe possibile assumere forme diverse in base al consumo di energia richiesto».
La ricerca di cui parla Mosby concerne i movimenti dei muscoli delle cellule e dei filamenti di proteine che le compongono; ma in questa nota non è tanto la sostanza di quella ricerca che mi interessa esporre, bensì l’entusiasmo del ricercatore, che a cinquant’anni di distanza dalle mie emozioni giovanili ricorre proprio alla categoria dell’emozione con riferimento alla possibilità di applicare alla microbiologia lo stesso algoritmo usato in astrofisica. Non guardando alla scienza come a una costruzione essenzialmente teorica – come scelta cioè di una ipotesi esplicativa della realtà, ogni volta stravolgente il senso delle proposizioni precedenti – ma come empiria: come l’aggiungersi di conoscenza a conoscenza, nella convinzione che il raggiungimento del Sapere sia al tempo stesso il raggiungimento della perfezione umana e quindi della felicità.
“Ofelè, fa’ el to mesté!”, Pasticciere, fa’ il tuo mestiere, si diceva un tempo nel dialetto dei miei nonni a chi pretendeva di dire la sua in ambiti lontani da quelli di appartenenza e specializzazione. E io sono sostanzialmente d’accordo. Sono un povero poeta, che solo con le parole e la ritmologia dovrebbe trattare.
Lo accetto, ma all’interno della trasmissione di una emozione e di una raggiunta consapevolezza: ponendoci – nei confronti della nostra quotidianità – nell’ottica microbiologica dell’infinitamente piccolo e astrofisica dell’infinitamente grande, riusciamo a rendere maggiormente meditativo e degno il nostro vivere,
all’interno di quella che Paolo Virno in tempi recenti ha definito la consistenza al contempo ontologica e impersonale della natura umana, l’intersezione di logica e antropologia, ovvero delle abilità, degli affetti, dei requisiti biologici e delle situazioni storiche che ci definiscono come animali loquaci.
«My business is circumference» scriveva Emily Dickinson con riferimento ai dardi (le poesie) che quotidianamente dalla circonferenza lanciava per cercare di illuminare il centro. Un’immagine che può esemplificare la genesi dei testi qui inclusi.
Originariamente come titolo per questo libro avevo pensato a Poesie scientifiche e altre poesie. Poi scartato perché giudicato editorialmente troppo algido. Pensai allora a Noi forse un glitch per trasmettere un senso di ineluttabile casualità. Infine scelsi di allontanare il libro in uno spazio siderale con Betelgeuse e altre poesie scientifiche, per quell’essenza di solare crudele materno (e leopardiano) che l’omonimo componimento contiene.

Franco Buffoni

Franco Buffoni ha pubblicato le raccolte di poesia Suora carmelitana (Guanda 1997), Songs of Spring (Marcos y Marcos 1999), Il profilo del Rosa (Mondadori 2000), Theios (Interlinea 2001), Del Maestro in bottega (Empiria 2002), Guerra (Mondadori 2005), Noi e loro (Donzelli 2008), Roma (Guanda 2009), Jucci (Mondadori, 2014). Nel 2012 è uscito l’Oscar Mondadori Poesie 1975-2012. Per Marcos y Marcos dirige il semestrale "Testo a fronte" e ha pubblicato Una piccola tabaccheria. Quaderno di traduzioni (2012). Per Mondadori ha tradotto Poeti romantici inglesi (2005). E' autore di Più luce, padre. Dialogo su Dio, la guerra e l'omosessualità (Sossella, 2006) e dei romanzi Reperto 74 (Zona 2008), Zamel (Marcos y Marcos 2009), Il servo di Byron (Fazi 2012) e del pamphlet Laico Alfabeto (Transeuropa 2010). [www.francobuffoni.it]