Cinque poesie in anteprima da Linea intera, linea spezzata, il nuovo libro di Milo De Angelis, che esce domani per “Lo Specchio” Mondadori.
NEMINI
Sali sul tram numero quattordici e sei destinato a scendere
in un tempo che hai misurato mille volte
ma non conosci veramente,
osservi in alto lo scorrere dei fili e in basso l’asfalto bagnato,
l’asfalto che riceve la pioggia e chiama dal profondo,
ci raccoglie in un respiro che non è di questa terra, e tu allora
guardi l’orologio, saluti il guidatore. Tutto è come sempre
ma non è di questa terra e con il palmo della mano
pulisci il vetro dal vapore, scruti gli spettri che corrono
sulle rotaie e quando sorridi a lei vestita di amaranto
che scende in fretta i due scalini, fai con la mano un gesto
che sembrava un saluto ma è un addio.
SALA VENEZIA
Qui tutto diventa veloce, troppo veloce,
la strada si allontana, ogni casa sembra una freccia
che moltiplica porte e scale mobili e allora hai paura.
Senti i tuoi passi in migrazione,
vuoi rallentare, hai paura
e allora entri in questa sala di via Cadamosto,
saluti gli ultimi giocatori di biliardo,
pronunci lentamente un commento preciso sulle sponde
o sull’angolo di entrata, fai una piccola scommessa
e sorridi e ti acquieta il panno verde
come un prato dell’infanzia, ti acquietano i bordi
di legno che ora contengono il tuo evento
e la forza centripeta conduce l’universo
in un solo punto illuminato.
LA GALLERIA DEGLI SPECCHI
Si muovono al vento povere bandiere, il padre
e i due fratellini fanno il biglietto dell’autoscontro,
entrano nel gioco, incontrano una collisione
che durerà per sempre, vedono ingrandirsi
le crepe sul volante, la luce obliqua dell’insegna,
l’ombra colpita. Tu entri nella galleria
degli specchi e sei solo, nessuno ti aspetta all’uscita,
sei solo e guardi fuori la forza degli ippocastani,
ascolti una musica lieve e senza tempo, osservi
la nuova vicenda dei ballerini sul palchetto di legno,
disegni sul vetro l’antica vicenda di corpi affondati
nelle acque dell’Idroscalo, l’amore che smarrisce
la sua strada, la notte che ti scruta e ti attende.
DAL BALCONE
Dal balcone dell’ultimo piano ora guardi
la città notturna, l’infilata dei grattacieli che sembrano
una barriera corallina e intorno i vecchi palazzi
con i tetti impolverati, le chiese romaniche, le colonne,
un concilio segreto di secoli che si parlano sottovoce,
sussurrano al tempo di fermarsi e diventano
la scorza staccata dal suo tronco, ciò che resta
dell’infinita moltitudine in cui sei immerso anche tu,
e guardi lì sotto il bar aperto, l’uomo con l’impermeabile
mentre racconta una storia sempre uguale
alla ragazza vestita di rosso che beve
dallo stesso bicchiere e sorride lievemente.
UDIENZA
E tu cominci a sentire, nelle parole che hai detto, il respiro
di quelle taciute: sono lì, sono lì, bussano alla porta
non se ne vogliono andare, restano ferme fino a sera,
ti sfiorano il viso e si allontaneranno solo all’alba.
Restano lì e la stanza diventa un’aula di tribunale e tu
sei l’imputato. L’accusa è sempre la stessa: il silenzio.
Le attenuanti non contano: dovevi parlare, dovevi
tirar fuori la bestia, esporre il demone nero al pubblico giudizio,
mostrarlo alla primavera, spargerlo per il mondo, guarire.
Immagine: Milo De Angelis, foto di Viviana Nicodemo.