Cinque poesie nella traduzione inedita di Fabio Chiusi, dalla raccolta di Victoria Chang Obit, Copper Canyon Press, 2020.
Il Linguaggio — è morto, splendido e geniale
il primo di agosto 2009 alle 14:46. Innamorato
dell’alzare la propria mano, il linguaggio ha vissuto
un’esistenza piena di domande. La sua preferita
era distorcere quanto detto dagli altri. La sua
preferita era scrivere il mondo in bianco
e nero e poi osservare le persone nel tentativo
di leggere le parole a colori. Le lettere erano
solite scorrere il cervello di mio padre prima
di andarsene. Ora le sue parole sono cieche.
Sono a pieghe. Sono il mittente, i
messaggi e il destinatario. Mentre
mia madre moriva, ho costretto tutti
in piedi intorno al letto per quella che sarebbe
stata l’ultima foto di gruppo. Alcuni di noi
hanno riso perfino. Perché morire dura
per sempre finché non finisce. Qualcuno ha detto,
Prendine un pochi. Qualcuno ha detto,
Sorridi. Qualcuno ha detto, Grazie.
Il linguaggio ci tradisce. Nello stesso modo in cui
rompere un braccio significa che l’osso di un braccio
può rompersi ma il braccio stesso non si rompe
a meno che segato o tagliato. Mia madre
non poteva parlare ma gli occhi suoi erano gli
unici che restavano spalancati.
*
Il Linguaggio — è morto di nuovo il 3 agosto
2015 alle 7:09 del mattino. Ho saputo delle
notti difficili di mia madre. Assunto una persona
notturna. Tempo di arrivare in quel luogo, e lei
se ne era già sempre andata. La persona notturna
aveva un nome ma era come un fantasma che
lasciasse lettere sulle mie labbra. Non respira,
ore 2:33 del mattino. Urla, ore 3:30. La calma,
alle 4:24. Mani e ginocchia a terra, ho provato a
raccogliere le lettere come un bambino a una caccia
alle uova pasquali senza un cestino. Ma per ogni
lettera che ho raccolto, un’altra cadeva, come
in protesta contro la banalizzazione della
morte di mia madre. Volevo che la persona
notturna scrivesse in un linguaggio a me
comprensibile. Respirazione in corso, ore 2:33.
Respirazione in lame, 3:30. Respirazione
come abito da sera, 4:24. Ma forse io
sbaglio, come la morte è semplicemente morte,
ciascuna diversa appena dall’altra ma
il colpo finale sempre lo stesso. Come la
pelle risponde a un abito da sposa allo stesso
modo in cui risponde alla pioggia.
*
L’Amicizia — è morta il 24 giugno 2009, un tempo
amata ma non sempre regolarmente amata.
Lo specchio ha vinto la battaglia. Sono ora
imprigionata nello specchio. Tutti i miei io
si disperdono come un mazzo di carte. È vero,
il lutto parla una lingua diversa.
Sono separata dai miei amici da
garze. Mi guiderò a casa mia
per la festa. Scambierò convenevoli
con me stessa, mi verserò un drink addosso.
Quando sarà finita, mi metterò alla guida
per tornare alla mia casa. Le mie conversazioni
sui bambini con gli altri genitori mi
sorpassano mentre salgo le scale e
si ripetono mentre le scendo. Prima della
morte di mia madre, sedevo ovunque. Ora io
cerco l’immagine della sedia vuota
accanto all’immagine del tavolo vuoto. Una
immagine è una forma di distanza. Un’immagine
di me si siede. La depressione è un guanto
sopra il cuore. La depressione è l’immagine
di un guanto sopra l’immagine di un cuore.
*
L’Empatia — è morta un giorno indefinito
prima del 20 gennaio 2017. La porta è svanita
ma non sappiamo quando. Il campanello
è scomparso. I treni si sono fermati.
Qualcuno ha rubato l’insegna del Polo Nord.
Io sono te, e te, e te. Ma ci sono
così tanti ostacoli tra noi. Io
non riesco a sentire il male di mia madre o
la demenza di mio padre. Le note nere
sulla partitura sono le uniche rappresentazioni
del suono, le chiavi devono urtare certe
corde fatte di acciaio, l’acciaio
è fatto di ferro e carbonio venuti dalla
terra. Perché costruiamo cose come un
pianoforte per provare a rappresentare bellezza
o dolore? Perché dobbiamo sempre disegnare
ciò che vediamo? Copialo e basta, usava
dire mia madre dei disegni. L’artista solo
fa visita al dolore, lo immagina. Lodiamo noi
l’artista, non la mela, né l’ombra
della mela che lenta viene uccisa.
Deve esserci un modo per comporre
un disegno senza che diventi
elegia.
*
Il Volto — è morto il 3 agosto 2015
insieme al corpo, particelle di grigia
polvere e piccole, bianche ossa. Il volto
rappresenta uno stato della persona, la parte
che più mostriamo agli altri. Potrei
io identificare mia madre dalle sue mani?
Dai suoi piedi? Sulla via del JFK, un vecchio
cimitero, lapidi di ogni diversa
dimensione, inclinate. La lapida rappresenta
il volto di una persona, non nel modo in cui
una foto rappresenta un volto. Una sirena ha
significato. Ci fa alzare lo sguardo e
cercare il treno. Quando il treno parte,
i binari rappresentano un’assenza ma
implicano anche che un treno, un tempo, è esistito.
Implicano speranza, ritorno. Forse non c’è
inizio. Forse niente è un’elegia,
come una pioggia dall’interno non è né
un inizio né una fine.
Immagine: Ph. Nicholas Nichols.
NB: La grafica di queste traduzioni non riproduce in tutto quella degli originali. Ci scusiamo per l’inconveniente.