Un’estate di qualche anno fa, ricordo, mi trovavo tra le bancarelle di libri usati a Roma. Ero da poco diventato maggiorenne, e i miei gusti letterari si stavano ancora delineando. Tra tutti i libri che passai in rassegna, mi capitò fra le mani una vecchia edizione di Sostiene Pereira di Antonio Tabucchi. Il ragazzo che gestiva il baracchino me lo consigliò vivamente, visto che non lo conoscevo affatto e forse perché avevo già tirato fuori le banconote per comprare altri libri. Oggi, circa cinque anni dopo, mi trovo a dover ringraziare quel ragazzo per avermelo suggerito.
«Era il venticinque di luglio del millenovecentotrentotto, e Lisbona scintillava nell’azzurro di una brezza atlantica, sostiene Pereira.»
Il dottor Pereira è un uomo di mezza età, vive a Lisbona, dove gestisce la rubrica culturale del Lisboa, un giornale cittadino. Dopo la morte della moglie la sua vita è cambiata, è in sovrappeso, non sembra ricevere molti stimoli dal lavoro e non fa altro che pensare alla letteratura e alla morte.
Quando legge un articolo di un certo Francesco Monteiro Rossi, Pereira ne rimane piacevolmente colpito e propone al giovane di scrivere necrologi per il Lisboa. Monteiro Rossi però non si limita al necrologio, e anzi nei suoi scritti aggiunge attacchi alle scelte politiche dei protagonisti, cosa che Pereira non può accettare dato l’occhio attento del regime, molto spesso propenso alla censura. Nonostante tutto, Pereira non riesce a negare d’essersi affezionato al ragazzo e così, con il passare del tempo e anche grazie alla presenza della fidanzata di Monteiro Rossi, Marta, in Pereira inizia a sorgere il disappunto verso il regime e diventa per lui necessario trovare un modo per agire.
«[…] e Marta disse: dottor Pereira, mi piacerebbe ballare questo valzer con lei. Pereira si alzò, sostiene, le tese il braccio e la condusse fino alla pista da ballo. E ballò quel valzer quasi con trasporto, come se la sua pancia e tutta la sua carne fossero sparite per incanto. E intanto guardava il cielo sopra le lampadine colorate di Praca da Alegria, e si sentì minuscolo, confuso con l’universo. C’è un uomo grasso e attempato che balla con una giovane ragazza in una piazzetta qualsiasi dell’universo, pensò, e intanto gli astri girano, l’universo è in movimento, e forse qualcuno ci guarda da un osservatorio infinito. Poi ritornarono al loro tavolino e Pereira sostiene, pensava: perché non ho avuto dei figli?».
Il protagonista indiscusso del romanzo è il dottor Pereira, che noi lettori conosciamo sin dalle prime righe come un uomo triste, sovrappeso, abitudinario. Ordina sempre le stesse cose al bar, limonata e omelette, e così come vive la monotonia nei pasti egli conduce la propria esistenza. Tra un dialogo con il quadro di sua moglie, i classici francesi da tradurre e gli articoli del Lisboa, passa le giornate nel proprio studiolo che puzza di fritto. Quando incontra Monteiro Rossi, però, qualcosa cambia. Quel giovane è squattrinato, incapace di organizzarsi, ingenuamente ribelle, ma in lui Pereira vede una personalità interessante e, come riferirà alla moglie, forse rivede se stesso.
Se è vero che un protagonista per essere tale deve cambiare o scegliere di non farlo, allora il dottor Pereira può benissimo rappresentare il protagonista per eccellenza. La forza del romanzo sta proprio in lui, nelle sue continue riflessioni sulla morte, sulla resurrezione della carne, su cosa significhi vivere sotto un regime che impone di dire o non dire determinate cose, specie su un giornale. Tra il lettore e Pereira si instaura un rapporto di benevolenza, e in questo si può intercettare la grandezza di Tabucchi.
«[…] si fermò davanti al ritratto di sua moglie e disse: ho trovato un ragazzo che si chiama Monteiro Rossi e ho deciso di assumerlo, […] credevo che fosse molto sveglio, invece mi pare un po’ imbambolato, potrebbe avere l’età di nostro figlio, se avessimo avuto un figlio, mi assomiglia un po’, gli cade una ciocca di capelli sulla fronte, ti ricordi quando anche a me cadeva una ciocca di capelli sulla fronte?, era al tempo di Coimbra.»
Come evidenziato dal sottotitolo, il racconto di Pereira non è altro che una testimonianza, dunque lo stile di Tabucchi risulta misurato, sempre adatto alla narrazione. La continua ripetizione dell’espressione «Sostiene Pereira», o anche solo «Sostiene», rendono alla perfezione l’idea di un narratore che riporta ciò che il protagonista del romanzo, appunto, sostiene. Il narratore non conosce la verità dei fatti, conosce soltanto la versione di Pereira e ce la racconta senza aggiungere od omettere niente. Non ci è dato sapere chi sia questo narratore, ma possiamo accontentarci di credere che sia Tabucchi stesso.
L’espediente narrativo della testimonianza, dunque, risulta efficace e ben gestito stilisticamente.
Il tema alla base di questo romanzo va di sicuro ricercato nell’ambito politico.
All’inizio della vicenda Pereira può essere definito come una sorta di inetto, uno spettatore della propria vita che si accontenta del poco che ha e non fa nulla per migliorare la sua condizione. Eppure noi sappiamo che egli aveva una moglie ed era magro, ed era anche entusiasta del suo lavoro, aveva altro a cui pensare oltre alla letteratura e alla morte. Prima che noi iniziassimo a leggere della sua vita, forse si tratta di anni, era un uomo felice.
Con l’arrivo del ribelle Monteiro Rossi, i problemi derivanti dal regime di cui Pereira pareva non essersi accorto invadono la sfera dei suoi affetti personali e dunque lo toccano direttamente. È soltanto in questo modo che l’uomo riesce a risvegliarsi dal sopore nel quale era caduto e, finalmente, ad agire per cambiare la propria condizione.
Ho conosciuto due persone, disse Pereira, un ragazzo e una ragazza, e conoscendoli forse sono cambiato. Succede, rispose padre Antonio, le persone ci influenzano, succede. Non so come possano influenzarmi, disse Pereira, sono due poveri romantici senza futuro, semmai dovrei essere io a influenzarli, sono io che li sostengo, anzi il ragazzo praticamente lo mantengo io, non faccio altro che dargli soldi di tasca mia, lo ho assunto come praticante, ma non mi scrive un articolo che sia pubblicabile, senta padre Antonio, crede che mi farebbe bene confessarmi?
Ci sono molti personaggi celebri in letteratura, e Pereira si colloca di certo tra i più tridimensionali e sfaccettati in assoluto. Il suo percorso nel romanzo è memorabile, fatto di piccoli gesti che rendono l’epilogo l’unico possibile per lui.
A volte il tempo fa sbiadire dei dettagli nella memoria, ma io non credo che dimenticherò mai questo romanzo, questo protagonista, o il modo in cui quel giorno Lisbona sfavillava, letteralmente, sotto i suoi occhi.
Jacopo Milani è un bookblogger e bookstagrammer. Gestisce il blog Tre giorni di vento. Su Instagram lo trovate come leggo.libri.