– I ripugnevoli tempi che lo sgretolo-frana degli abbandoni, m’ha giù inerte varato per l’immobile belletta del nero disgusto,
– spente onde, giungono a volte le lente sere della malinconia, che vado zitto per l’ombre e, tutto è scordato.
– Quasi in dolcezza, dentro si levano i radi gemiti come il notturno canto del chiù.
– M’allacci allora senza parola, t’appoggi allora così lievemente, che appena ti sento, appena… Vuoi dir che ci sei?
– Ma torno piano dalla lontananza, ma tocco piano il dolce viso, guardo i fedeli occhi che guardano me.
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).