Questo libro, appena uscito, ha avuto una prima anticipazione a Bologna, il 26 maggio scorso, in un dialogo tra me e Vincenzo Bagnoli, nell’ambito del Festival Multi-disciplinare Bologna in Lettere, ideato e diretto da Enzo Campi, che si avvale di una attenta e instancabile squadra di collaboratori (Francesca Del Moro, Mario Sboarina, Martina Campi, Enea Roversi, Iacopo Ninni, Serenella Gatti Linares e molti altri). L’uscita del romanzo sarà invece accolta da una vera e propria festa, fatta di letture collettive e testimonianze, a Roma, all’Apollo XI, il prossimo 8 giugno. Perché una festa è necessaria a battezzare il libro della vita, il libro dell’emozione, il libro della storia di un’epoca, e dei passaggi storici che il poeta ha vissuto, tra cui quello fondamentale del ‘68.
Sugli anni precedenti e subito a cavallo del ’68, Bordini compie il lavoro dello storico, come gli compete, e scava e disegna un’epoca assai poco studiata, l’epoca dei primi anni ’60 e del sogno di una rivoluzione italiana, che dal Risorgimento insegue gli intellettuali di casa nostra come un compito sempre rimandato nelle intenzioni, fino alle internazionali comuniste, ai legami coi Partiti comunisti dell’America latina o del nord Africa, una realtà storica poco indagata, ancora piena di pieghe e lati in ombra.
È questo per lui, come si diceva, il libro delle emozioni, una lunga autoanalisi in cui, sornione o sopraffatto, parla di grigiore, oscurità, sogno e memoria. Ma in questo grigiore ci offre luci e indicazioni molto precise, a partire dal titolo e dalla dedica Al lettore, che caratterizza tanto il romanzo ottocentesco, e spargendo qua e là non infrequenti indicazioni storiche: la rivolta dei portuali a Genova nel luglio 1960, l’espulsione dell’autore dalla FGCI e la successiva entrata nella 4^ Internazionale, da posadista, i fatti di Burgos, la morte di Franco, e tre indicazioni musicali e strutturali.
Voglio partire dal titolo per mostrare quanto sia in gioco in questo libro il lavoro di storico che Bordini ha svolto tutta la vita, assieme a quello di poeta e narratore. Le tre parole utilizzate sono fortemente “inattuali”, e connotative: la parola “memorie” ammicca alle Confessioni di un italiano di Ippolito Nievo; Memorie di un pazzo è il titolo scelto per un proprio romanzo da ben tre diversi scrittori ottocenteschi, Flaubert, Gogol, Tolstoj; i libri che Bordini ama di più sono Alcool di Apollinaire e I colloqui di Gozzano. Fra le sue memorie, quella di una laurea in Storia del Risorgimento col prof. Giuntella. Alcuni bei capitoli del libro assumono un andamento storico, da Storia della città di Goteborg, a Continuazione della mia vita, a la figura dell’Esule perfetto…
Rivoluzionario: il protagonista, espulso dalla FGCI, entra nella IV internazionale, come troskista posadista, teorizza poi l’entrismo, cioè il metodo rivoluzionario di entrare in incognito nell’organizzazione di un partito PCI per poterla cambiare dall’interno. Ricorda questi lunghi e densi anni, che potrebbero davvero essere raccontati in un film, nella parte centrale del libro, la seconda, e ne sottolinea il rigore quasi paranoico, di una vita vissuta a parte, sotto il pavimento o in una cosiddetta “stanza dei giochi” come chiama questa organizzazione segreta in cui si parla dei rapporti umani in terza persona, come ricorda in un brano che poi leggerà, Piazza Vittorio: una sorta di millenarismo fuori dalla storia, quello che chiama oblomovismo francescano.
Timidezza: facendo una ricerca su OPAC Sebina ho trovato vari autori del ‘600 da Tirso de Molina, Un timido a corte, a Giovanni Paolo Colonna, L’amante timido, ma la timidezza del protagonista riguarda anche la rivoluzione del ’68, i rapporti con l’altro sesso, una sorta di autocoscienza durata tutta la vita…In un brano di Renault 4, La zona grigia, in una discussione amichevole intercorsa con Alfonso Berardinelli, a proposito degli scontri seguiti al comizio di Luciano Lama all’Università di Roma, Bordini chiede all’amico: “Qual è la cosa che ti interessa di più?” e Berardinelli risponde: “La libertà. E tu?” gli chiede a sua volta, “La dolcezza”, risponde.
Nell’arco temporale di vent’anni, dal ’57 al ’77 circa, attraversando eventi come la rivolta a Rebibbia nel 1973 o la morte di Francisco Franco nel 1975, il ‘68 si pone come una sorta di cesura, una barriera temporale dopo la quale le cose non saranno più quelle di prima, e la politica cesserà di essere rivoluzione e guerra, il protagonista smetterà i panni del rivoluzionario, la puntigliosità eroica del rivoluzionario, e il mondo scoprirà altre rivoluzioni, da quella del costume, ai rapporti nuovi fra donne e uomini, alla psicanalisi di Wilhelm Reich praticata nelle comuni, rivoluzioni in cui ha la meglio la sopra invocata “dolcezza”.
Anche lo spazio geografico è interessante, si presenta come un lungo percorso ad anello, a spirale, fra un lontanissimo (nel tempo) viaggio di allontanamento e uno o più di uno di riavvicinamento e ritorno: Roma-Germania-Svezia-Roma, Roma-Torino-Algeria-Sudamerica-Roma.
Questo libro è un viaggio sentimentale, la versione millenaristica (del secondo millennio) di quel viaggio che Laurence Sterne compì nella seconda metà del Settecento, (sentimentale nel senso che di una commozione che si atteggia subito a sorriso, di un ridere quasi disperato e spesso malinconico), e dell’affabilità del gentiluomo inglese Bordini conserva i tratti, assieme all’ironica arte della “dissimulazione”, uno degli esercizi dell’Appendice A del Manuale di autodistruzione, subito spernacchiati dal sentimento dell’autoironia e dalla visione delle macerie di ogni utopico ottimismo già presente in Gustavo.
Di Sterne, della Vita e opinioni di Tristram Shandy, questo romanzo segue alcune trasgressioni: l’ordine temporale che procede per associazione di idee; l’antiprimato dell’eroe che appare spesso perdente, un antieroe defraudato, che chiama se stesso “topo morto”, “panino con le ruote”, e del suo vivere un “vivere negli interstizi come una ciste…”
La mimesi del reale è franta, e giocata in un continuo colloquio grafico col lettore, di cui l’autore patteggia la complicità, inserendo riflessioni sulla grafica del testo, tripartendo la struttura con all’interno nuclei, note accessorie e scarti che vengono riutilizzati, quindi non sono scarti. L’attenzione al lettore è antifrastica, ma continua. Bordini gli chiede di non lasciarlo solo, di accompagnarlo in questo viaggio, accettandone i cocci e i vasi rotti (in un racconto di Mario Marino, dal titolo Con i miei occhi, un ragazzo afferra un vaso pregiato e, impassibile all’invito di riporlo, lo lascia cadere affermando: “Siete ancora disposti ad accogliermi a casa vostra?”). La paratestualità è in relazione profonda con chi legge e chiede al ricettore di accettare gli errori come voluti, i refusi come pillole di senso, luoghi di riflessione. Anche le dimensioni del testo svariano da grossi blocchi, a blocchetti, ad aforismi, così le tipologie, dal lungo racconto-diario, che accoglie pezzi dialogici, a testimonianze, fughe e ritorni, un lavorare per strati, attraverso spostamenti, sottrazioni, cesure, sbalzi, giochi combinatori, un apparato paratestuale fatto di segni, asterischi, quadratini, che accetta l’unico carattere possibile del romanzo oggi, l’incompiutezza, l’ironia, l’opera-vita.
Un lavorio continuo, febbrile, che segue il tempo narrativo, ha accompagnato il romanzo nella vita reale dell’autore, come un lunghissimo apprendistato di analisi e riflessione, è per questo che per lui è così doloroso ripercorrerne le parti e così generoso aprirle a noi, per pura amicizia e voglia di vivere con gli altri, di tirare tardi la notte raccontando i propri cazzi, un filò metropolitano in cui flâneury e vitellonismo intellettuale si intrecciano all’amore sociale, alla sociabilità che l’epoca di internet non ha ostacolato, ma cambiato. Tiriamo a fare tardi, Carlo.
Immagine: Kazimir Malevič
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).