L’iceberg immaginario

da | Feb 26, 2016

Meglio per noi l’iceberg della nave,
pur segnando il termine del viaggio.
Pur se piantato come un piolo, un nuvolo petroso
in un mare di marmo in movimento.
Meglio per noi l’iceberg della nave; meglio
questa piana innevata che respira,
pur con le vele stese sopra il mare
come neve non sciolta sulle acque.
Ondeggiante, solenne campo, un iceberg
con te riposa, ne sei consapevole?,
per bruciare al risveglio le tue nevi.

Una scena così un marinaio darebbe gli occhi per vederla.
La nave viene ignorata. L’iceberg s’alza
e risprofonda; i suoi vitrei pinnacoli
correggono le ellittiche del cielo.
Una scena così rende spontaneamente enfatico chi sta
sul palco. Corde sottilissime fornite
da trecce eteree di neve bastano
ad alzare il velario. I begli ingegni di quei picchi bianchi
duellano col sole. Liceberg rischia
il proprio peso su una ribalta mobile
e ristà, gli occhi sgranati.

Quest’iceberg taglia dall’interno
le sue sfaccettature. Si conserva
in eterno come i gioielli di una tomba
e adorna solo se stesso o, al più, le nevi
che tanto ci stupiscono sul mare.
Addio, diciamo, addio, la nave salpa
dove le onde cedono alle onde e le nuvole
trascorrono in un cielo più caldo.
Gli iceberg si attagliano all’anima
(un’altra che si è fatta da sé con elementi quasi invisibili)
a vederli così: polputi, belli, eretti invisibili.

(da Miracolo a colazione, traduzione di Damiano Abeni, Riccardo Duranti, Ottavio Fatica, Milano, Adelphi, 2006)

*

The Imaginary Iceberg

We’d rather have the iceberg than the ship,
although it meant the end of travel.
Although it stood stock-still like cloudy rock
and all the sea were moving marble.
We’d rather have the iceberg than the ship;
we’d rather own this breathing plain of snow
though the ship’s sails were laid upon the sea
as the snow lies undissolved upon the water.
O solemn, floating field,
you are aware an iceberg takes repose
with you, and when it wakes my pasture on your snows?

This is a scene a sailor’d give his eyes for.
The ship’s ignored. The iceberg rises
and sinks again; its glassy pinnacles
correct elliptics in the sky.
This is a scene where he treads the boards
is artlessly rethorical. The curtain
is light enough to rise on finest ropes
that airy twists of snow provide.
The wits of these white peaks
spar with the sun. Its weight the iceberg dares
upon a shifting stage and stands and stares.

This iceberg cuts its facets from within.
Like jewerly from a grave
it saves itself perpetually and adorns
only itself, perhaps the snows
which so surprise us lying on the sea.
Good-bye, we say, good-bye, the sheeps steers off
where waves give in to one another’s waves
and clouds run in a warmer sky.
Icebergs behoove the soul
(both beeing self-made from elements least visible)
to see them so: fleshed, fair, erected ivisible.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).