Un percorso nella scrittura di Elsa Morante critico d’arte, dall’incontro presso la Casa Museo Alberto Moravia dedicato all’opera della scrittrice. Riportiamo alcuni passi che anticipano un saggio di Gandolfo Cascio su Elsa Morante e l’arte, di prossima pubblicazione.
Su Renato Guttuso
[…] Fra gli infiniti oggetti della realtà, poi, che possono suscitare poesia, ha scelto fin da principio il più difficile, ma, in compenso, il solo da cui si può esprimere la grande poesia: l’uomo. Anche nei suoi quadri senza figure si percepisce o si avverte quasi sempre, misteriosa, aggressiva, la presenza di questo protagonista. E la singolare e profonda novità rivelata da tali opere di Guttuso sta in ciò: che il dramma umano, in esse, non si intende per via di simbolo, o di memoria: ma per una assoluta partecipazione. […]
(In Renato Guttuso, VII Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, novembre 1955 – aprile 1956, Roma, De Luca, 1955.)
Morte della pittura?
Se le modifiche sostanziali vogliono qui alludere ai diversi materiali pratici (cenci, rifiuti, ferraglie, ecc.) oggi assunti da taluno alla funzione di mezzi espressivi per fabbricare oggetti da mostra, mi sembra lecito far notare che – non essendo, simili materiali, in genere, dei mezzi atti a dipingere – gli oggetti con essi fabbricati non appartengono alla pittura. Riguardo, invece, all’arte propria del dipingere (pittura), non c’è dubbio che il suo linguaggio si rinnova di continuo, come ogni espressione vivente e vitale; ma si tratta sempre di un rinnovamento dall’inerno e non dall’esterno, e, in tale senso, il rinnovamento del linguaggio pittorico è in atto da molti secoli, e non da dieci anni. Le crisi, cadute e deviazioni che spesso lo accompagnano non negano la necessità della pittura, ma anzi confermano che quest’arte è una naturale espressione umana, nata per accompagnare la vicenda umana fino alla fine. E tanto più illecito, dunque, è il confonderla con la non-arte: la quale, per suo destino, è nata-morta.
(Risposte all’inchiesta a cura di A. Perilli e F. Mauri, in Almanacco Letterario Bompiani 1961, a cura di S. Morando, Milano, Bompiani, 1960.)
Su Bice Brichetto
Per varie ragioni, che credo giuste, io da gran tempo ho promesso risolutamente a me stessa (quasi un voto) di non scrivere mai prefazioni per nessuna mostra di pittura al mondo. Solo nella presente occasione, ho sentito come, astenendoni, avrei peccato peggio che non infrangendo per una volta il mio voto. E questa sarà, però, la prima e l’ultima volta; alla prossima, non potrei perdonarmi più per nessun motivo, e finirei magari dannata […].
(In Bice Brichetto, catalogo della mostra personale, Galleria d’Arte Santa Croce, Firenze 16-30 gennaio 1965.)
Su Onofrio Martinelli
[…] Non possiedo che un unico quadro di lui; e questo quadro è anche una mia colpa perché lui non voleva che lo tenessi esposto; voleva che lo nascondessi o buttassi via, diceva che era brutto. Ma io non ho saputo ubbidirgli, perché il quadro mi sembra, invece molto bello. Sono dei girasoli, in parte disfatti (ma i girasoli, anche appassiti, acquistano sempre un’altra bellezza). I colori del quadro sono dei rosa, e degli arancio; ma, come sempre nei girasoli anche appassiti, non vi manca, seppure innavvertito l’oro. Ogni volta che io mi metto a riguardare, qua in casa mia, questa luce di rosa, d’arancio e d’oro ne risento serenità e pace […].
(Ricordo sul pittore nel catalogo della mostra postuma, Bari, maggio-luglio 1968, in Onofrio Martinelli (1900-1966), Bari-Roma, De Luca, 1968.)
Su Beato Angelico
In realtà, nella pittura, i miei santi portavano altri nomi: per esempio Masaccio, Rembrandt, Van Gogh. Difatti, i santi dell’arte mi si fanno riconoscere perché portano nel corpo i comuni segni della croce materna, la stessa che inchioda noi tutti. Solo per aver scontato in se stessi, fino alla consumazione, la strage comune, i loro corpi hanno potuto, a differenza dei nostri, rendersi al colore luminoso della salute; ma costui, invece, il Beato, si direbbe nato già col suo corpo luminoso.
(Il beato propagandista del Paradiso, prefazione a Tutta l’opera del Beato Angelico, Milano, Rizzoli, 1970.)
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).