Per Nelo Risi (1920-2015)

da | Set 26, 2015

Ricordiamo Nelo Risi (1920-2015) e ripercorriamo con una scelta di testi la sua opera poetica.

***

da L’esperienza (1948)

I meli i meli i meli

Quell’albero che mi sorprese
con i suoi rami gonfi
quanti corvi sul ramo più alto

Quel toro che si accese
per una macchia scura al mercato
quanto sangue versato alle frontiere

Quella ragazza in tuta che s’intese
prima con i francesi e i polacchi
quanti vantaggi il suo corpo tra le braccia

Quel soldato che mi chiese
la via breve oltre Sempione
quanta ansia in uno sguardo

*

da Polso teso (1956)

Le Ville
Mecca, falotica meta di tutti segnata a dito
viola di sera viola del pensiero oh quanto violata
non hai più niente d’inedito.
Ogni giorno l’ultimo venuto
armeno cafro o solo cisalpino
come me scava nel tenero
si taglia una parte di livido e di Senna
numera i ponti si fa un po’ alla lingua
va sull’antenna della più alta torre di ferro
spazia e decide: qui staremo ottimamente.

Pubblicamente io ti ringrazio.

*

da Pensieri elementari (1961)

Sotto i colpi

C’è gente che ci passa la vita
che smania di ferire:
doví’è il tallone gridano doví’è il tallone,
quasi con metodo
sordi applicati caparbi.

Sapessero
che disarmato è il cuore
dove più la corazza è alta
tutta borchie e lastre, e come sotto
è tenero l’istrice.

*

da Dentro la sostanza (1966)

per memoria
Avreste dovuto lottare
la storia ci rimprovera
venivano avanti
divorando compatti l’orizzonte;
e fu uno sbattere d’imposte
un barricarsi
sotto lenzuola e tende,
una paralisi
rotta dalle preghiere.
Ne vidi uno solo
tutto mandibole e rostri
una molla uno scatto
nel mimetismo della corazza
esatto come ogni macchina di guerra
con un guanciale sotto la testa
uscii all’aperto in un sole díeclissi
e come Plinio il Vecchio
o uno storico del Ghetto
la passione del fenomeno
mi perdette.

*

da Di certe cose (1970)

Dalle regioni dell’aria
Visionando dall’alto la visione
visionando il visionabile in toto
come un involucro
che per meglio differenziare il prodotto
non fa che esprimere maggiormente il vuoto
il mutato non sembra poi mutato
Questo l’antico fogliame? le acque blu?
l’azzurro stemperato? le città
merlate di storia?
Questo l’idioma della quiete?
Questo il colore della totalità?
Si buca
il mansueto chiarore si va
dentro la nuvolaglia
già dove il sole scalda poco
dove il bianco candeggia
dove il verde è bruciato e dove l’acqua è scolo
dove gli uccelli vanno altrove
dove il paese è mortificato
dove i rumori esaltano i nervi come a tante rane
dove i clacson scampanano a morto
dove i polmoni hammo acini di piombo
dove non c’è immagine col suo valore giusto
non una sillaba di cui fruire
dove non si può più convincere
dove occorre sovvertire
dove la gente muore per correre in massa al mare
dove un’auto in pochi metri si mangia la nostra
quotidiana razione d’ossigeno
fate un po’ voi il conto del carbonio che desseminano!
E perchè l’occhio abbia la sua parte
una ninfetta nuda dentro una sfera di cristallo
in orbita nel suo perielio pubblicitario
prova lacche rossetti deodoranti e assorbenti
tra il disordine oh! Studiato
di mini intimi indumenti.

*

da Amica mia nemica (1975)

Io provo l’angoscia dell’anno mille
tu succhi come Romolo tuo gemello
ella soffre una lama di pietra nel petto
il nostro frignare è già un voglio sapere

Un gene verbale deve pure esistere
altrimenti perché queste vecchie ferite?
la parola è la lingua di mia madre
o viene da lontano dalla madrelingua?

Ai primi sintomi di vuoto
corriamo a metterci in cura
di parole

*

da Il mondo in una mano (1994)

Madrigale

Ho fatto un pieno di versi
per la traversata dei deserti
dell’amore, là dove il viaggiare
più comporta dei rischi, dove
occorre tenere gli occhi bene aperti
perchè non sempre regge il cuore

A malapena si conserva un viso
se il tempo ingoia il resto;
con un ritratto appeso non si va
molto lontano, a meno che un sorriso
una figura non venga a divorarti
con dolcezza, un modo ancora
per stare con la vita.

(1993)

*

da Né il giorno né l’ora (2008)

Nessuno

Una pietra esiste
per essere guardata
ecco David
mentre riposa in sé

come potrebbe essere il mondo?
stupore di esserci ancora
che il visionario dell’azione
diventi visibile

sradicati: l’avulso uno strappo
però con un che di diverso
che ci spinga all’insù
verso l’ardire del non compiuto

nell’indistinto
nel flusso riflusso di un futuro
in ciò che non è ancora
tenebra nella sua latenza

nel non avvento in acque calme
dove non muore foglia
niente accade né possa accadere
all’intelletto impigrito

un nuovo dizionario ci vorrebbe
per comprendere la morte
come nuovo elemento di vita.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).