Alprazolam

da | Mag 12, 2015 | Senza categoria

L’editoria è una giungla, ma ne escono dei frutti succosi che possono, ogni tanto, sostituire sedute costose e soprattutto gli psicofarmaci. Ecco cosa mi ha salvato in questi ultimi due mesi:

Julio Ramón Ribeyro   “Scritti Apolidi”   La Nuova Frontiera 

Il peruviano tabagista de “I genietti della domenica” ha raccolto questi duecento pezzi saggistico-narrativi (racconti/aforismi/diario/divagazioni) che, come dice lui stesso nella nota di apertura, considera apolidi «perché non hanno un proprio territorio letterario», perché non riusciva a infilarli negli altri suoi libri, ma meritavano comunque di vedere la luce. Eccola. Sono quasi tutti stati scritti a Parigi, ispirati anche da Le Spleen, perché questo è un libro che «si può leggere dall’inizio, da metà, o dalla fine», “al tempo stesso corpo e coda”. Un assaggio:

«Scritto Apolide #99. Per molti anni, a causa di una svista dell’editore che aveva fatto confusione con il ritratto in copertina, ho letto opere di Balzac pensando che avesse il volto di Amiel, ovvero un volto allungato, magro, elegante, malaticcio e metafisico. Solo quando più tardi ho scoperto quale fosse il vero volto di Balzac la sua opera per me ha acquisito un nuovo significato e mi si è rivelata. Ogni scrittore ha la faccia dell propria opera. Così a volte mi diverto a pensare a come leggerei le opere di Victor Hugo se avesse la faccia di Baudelaire o quelle di Vallejo se somigliasse a Neruda. Ma è evidente che Vallejo non avrebbe scritto i Poemi umani se avesse avuto la faccia di Neruda.»

J.J. Abrams / Doug Dorst   “S”   Rizzoli Lizard

«The fun of ‘S.’ is having the book itself» he said. «To physically hold it is kind of the point.» Ha detto J.J. Abrams al New York Times (quel J.J. Abrams, Lost J.J. Abrams, il prossimo Star Wars, J. J. Abrams).

I nomi degli autori e dell’editore (veri) sono solo sul cofanetto nero, dentro c’è un volume intitolato “La  Nave di Teseo” di V.M Straka, prima edizione: 1949 (tutto finto). Una storia che inizia su una nave, «roba di sabotaggi, spionaggio, cospirazioni, sovversioni, furti e assassini», e poi un’altra storia sul misterioso (e inventato) Straka, le note e gli scarabocchi di due studenti universitari che comunicano scrivendo sul libro –  preso in prestito dalla biblioteca del liceo di Laguna Verde, ci sono i timbri per provarlo – e usando cartoline e tovaglioli dei bar. E queste cartoline e questi tovaglioli, oltre a fotocopie e ritagli di giornali, esistono, infilati dentro al libro. E’ tutto così vero che quasi spaventa, – come Lost, del resto –  è tutto così fisico che trasformerebbe qualsiasi eBook supporter in uno snob della carta.

«I think we made a cool thing», ha aggiunto Dorst.

J.D. Salinger   “I Giovani”  il Saggiatore

«Non pubblicare mi dà una meravigliosa tranquillità. Pubblicare è una terribile invasione della mia privacy. Mi piace scrivere. Amo scrivere. Ma scrivo solo per me stesso e per mio piacere». Lo aveva detto nel 1974 al NY Times, (qui si trova parte dell’intervista, telefonica e schiva) quando si era già lasciato alle spalle New York, le feste, i fan, le copie in libreria da firmare alle presentazioni. Questi tre racconti non sono parte di quel fumoso e mormorato materiale chiuso in qualche baule in New Hampshire, ma tre racconti che lo stesso Salinger aveva cercato di pubblicare sul New Yorker – senza successo – e che vedono la luce negli anni ’40 sulla rivista di nicchia Story e su un giornale universitario del Kansas. In Italia sono editi per la prima volta (tradotti da Delfina Vezzosi), e parlano di giovani – appunto – di feste, di languide donne dai capelli rossi e di soldati in partenza per il fronte. «Per arginare l’impulso alla solitudine – da intendere in un’accezione per nulla eroico-romantica ma come qualcosa di aspro ed elementare – i personaggi di Salinger si affidano alla conversazione. Ciò che scoprono è che l’unica conversazione che possono permettersi, la chiacchiera, invece di collegare, separa», dice Giorgio Vasta nella postfazione.

«Sì, già. Però, cioè, dovrei proprio darmi una mossa. Ho questo tema per lunedì. accidenti, avrei dovuto essere a casa da ore. Quindi penso che entrerò a farmi un drink e comincerò ad andare».

«Sì» disse Edna. «Va’ pure.»

«Tu non vieni?»

«Tra un minuto. Va’ pure avanti.»

«Be’, ciao, eh» disse Jameson.

Edna, alla ringhiera, cambiò posizione. Si accese l’ultima sigaretta rimasta nella sua scatola. Dentro, qualcuno aveva acceso la radio, o forse era aumentato di colpo il volume. Una giovane cantante stava intonando con voce roca l’ultimo motivetto di uno show che ormai anche i fattorini cominciavano a fischiettare.

Andrea Alciato  “Il libro degli emblemi”   Adelphi

Non è una novità, era già uscito nel 2009 (ma nell’edizione chic & pricy dei Classici Adelphi, tra le cui fila in questi giorni è apparso “L’idea del theatro” di Giulio Camillo). E già allora non era una novità, dato che la prima edizione di questa collezione di emblemi – ancora breve e difettosa – era apparsa la prima volta nel 1531, dedicata a Konrad Peutinger (quello della Tavola Peutingeriana, amico dell’imperatore Max I d’Asburgo). Ne seguono circa centosettanta edizioni a cui si aggiungono nuovi emblemi, «galleria di situazioni umane trasfigurate in metafore». Perché raccogliere simboli e soggetti allegorici incisi in xilografie dagli artisti più celebri, riferimenti mitologici, favolistici, mitici – sempre con un occhio al presente – correlati da frasi latine e insegnamenti moralistici? Perché è divertente, è un passatempo. Alciato, che si occupava di insegnamento del diritto nelle università europee e di avvocatura, nella prefazione della prima edizione dice:

«Mentre i bambini si divertono con le nocciole e i giovani con i dadi, così giocare a carte riempie il tempo dei pigri. Nella stagione delle feste noi elaboriamo questi emblemi, fatti dalla nobile mano degli artigiani. Proprio come si aggiungono guarnizioni agli abiti e distintivi ai cappelli, così si addice a ognuno di noi scrivere segni muti. Anche se il supremo imperatore può darti preziose monete e finissimi oggetti antichi, io do a te, poeta a un altro poeta, doni di carta: prendi questi, Konrad, segno del mio amore».

Alciato lancia una moda e nel secolo successivo, soprattutto a cavallo di ‘500 e ‘600 questa forma letteraria diventa celebre – Pierre Coustau ne fa uscire una a Lione, con aggiunta di pensieri filosofici personali. Il volume Adelphi segue le edizioni del 1531 e del 1534; è tradotta, introdotta e commentata da Mino Gabriele, che tra le altre cose aveva avuto l’onere di curare il Corpus Iconographicum di Giordano Bruno, sempre per i tipi di Adelphi, ça va sans dire, (di cui aspettiamo una nuova ristampa).

Robert Poulet  “Il mio amico Céline”  Castelvecchi

Una biografia colloquiale dell’amico Poulet, scrittore anche lui, condannato a morte e poi amnistiato, in odor di collaborazionismo e antisemitismo. Non si cerca di salvare l’autore  di Viaggio al termine della notte, tornato dall’esilio danese, né di limare la sua lingua strafottente quando parla di donne; «Caviglia, tallone, ginocchio… L’incavo della coscia… Come tutto si muove, si tende, si distende! Questione d’anche e di polpacci, il punto di vista veterinario. Sì, una volta era diverso guardare le signorine in tutù: c’era lo stimolo erotico. Ero un grande amatore, io, un Priapo terribile! Ci ero proprio portato: le membra ben modellate, la sacra curva che si piega e si dispiega, riflessi vibratili, pallide e dolci isolette. Perciò quando le ho incontrate, le ballerine…ah, finalmente vedevo delle gambe…». Mangia solo pasta, «per risparmiare, e per via della salute (pressione bassa)». Ci sono le foto con i suoi cani «che venivano a leccarci le mani» e il pappagallo, nel suo villino catapecchia in stile Luigi-Filippo su una collina di Meudon.

Stanisław Jerzy Lec   “Pensieri Spettinati”   Bompiani

Giuseppe Prezzolini diceva: «Scrivere aforismi è da gran signore; un gran signore regala bottiglie di vino pregiato; un villano regala una botte di vino mediocre». Lec, nella sua vita assurda e tipicamente novecentesca – famiglia di baroni semiti viennesi-galiziani, campo di concentramento in Germania, resistenza comunista, aliyha temporanea in Israele –  ha messo da parte un sacco di  buone bottiglie. Ce ne sono un centinaio in questo libretto, abbastanza per iniziare una festa. Si apre a caso – sempre il piacevole discorso de «al tempo stesso corpo e coda» – e si pensa, ci si diverte, ci si ispira, etc., e tutto quello che sa fare la breve letteratura affilata degli ebrei della Mitteleuropa.
Esempi:

«Immortale è anche chi non è nato».

«Inventare il clistere per il cervello».

«Ho sognato Freud. Che significa?»

«Non è possibile tornare nelle caverne! Siamo in troppi».

«Il surrealismo cessa di essere tale una volta realizzato?».

(Ah, in fondo c’è un saggetto di Eco dove dice che nello scontro Lec vs. Kraus preferisce il primo, perché «in realtà va più a fondo», poi le pillole di Lec sono intervallate da illustrazioni di Roland Topor, come quella qui sotto).

Manu Larcenet  “Lo scontro quotidiano”   Coconino Press

La Coconino Press ha pubblicato la versione integrale de Le Combat Ordinaire. Questa storia si merita tutti i premi che ha vinto, ed è meglio non aggiungere altro per paura di spoiler, ma qui dentro in 244 c’è veramente Tutto, e fatto bene.

Anche solo per fame di snobismo, che si legga prima di giugno, perché in Francia uscirà la trasposizione cinematografica per mano di Laurent Tuel, («Bello sì, ma era meglio la graphic novel»).

PS: M. Zerocalcare ha detto che l’idea di scrivere storie autobiografiche è partita da qui.

Asaf Hanuka   K.O. a Tel Aviv”   Bao

Hanuka – sì, come la festa, lo dice pure lui in una vignetta – ha un fratello gemello, che anche lui fa il fumettista. Poi ha un figlio, una moglie e vive a Tel Aviv, anche se ogni tanto sogna New York (e la copertina del New Yorker), o Parigi. Sognare e ricordare, innervosirsi e scusarsi, – e cercare di disegnare – , sono quello che fa, e che riporta in questo “diario” illustrato, colorato, potente e nevrotico, inzuppato nel realismo onirico di un paese in cui Starbucks chiude per gli attacchi terroristici.

BONUS TRACK:

I Little Black Classics della Penguin festeggiano 80 anni e la casa editrice britannica ha deciso di ripubblicarne 80 titoli, da “A cup of sake beneath the cherry tree” di Kenko ai racconti di Sinbad il marinaio, da Saffo a Charles Darwin. 80 pence l’uno.

(L’immagine iniziale è di Manu Larcenet).

Marco Cubeddu (Genova, 1987), ha pubblicato i romanzi «Con una bomba a mano sul cuore» (Mondadori, 2013) e «Pornokiller» (Mondadori, 2015). Scrive su diverse testate, tra cui «La Lettura» del «Corriere della Sera», «Link - idee per la tv», «Il Secolo XIX», «Panorama», «Il Giornale» e «Linkiesta». È caporedattore della rivista letteraria «Nuovi Argomenti». Vive tra Roma e Milano. «L'ultimo anno della mia giovinezza», reality letterario sulla vita di Costantino della Gherardesca, esce per Mondadori il 30 gennaio 2018.