Continua la serie delle interviste agli editor italiani.
Abbiamo sottoposto il questionario a Francesca Chiappa, editor di Hacca. Hanno già risposto alle nostre otto domande: Ginevra Bompiani, Carlo Carabba, Stefano Izzo, Chiara Valerio, Gabriele Dadati, Giulia Ichino, Andrea Gentile, Matteo Alfonsi, Nicola Lagioia, Federica Manzon, Elisabetta Migliavada, Jacopo De Michelis.
1) Quali sono le caratteristiche principali che un libro deve avere per colpire la sua attenzione?
Mi stupiscono quelle storie che raccontano una verità inaspettata. Che hanno un’urgenza di raccontare, una smania di svelare quello che è davanti agli occhi di tutti, eppure non ancora espresso. La lingua segue questa emergenza, creando ritmi propri e parole in grado di descrivere ciò che ancora non è stato descritto. Quando accade questo – quando la verità incontra le parole nuove – siamo pronte a pubblicare.
2) Se e in che modo è cambiato il suo modo di leggere negli ultimi anni?
No, non trovo cambiamenti significativi nel mio modo di leggere, e il nostro catalogo testimonia una certa coerenza nel progetto editoriale.
3) Quale pensa che sia il ruolo di un editor oggi? Crede che debba influenzare le scelte dell’autore fin dal concepimento dell’opera?
L’opera, quando non è costruita a tavolino per un fine specifico (penso alla saggistica, ai libri d’inchiesta, all’editoria professionale, alla narrativa più commerciale), prescinde dalla volontà dell’editor. L’editor è piuttosto quella figura invisibile che si muove tra le righe scritte, a controllare che il raccolto sia sano, che non si siano aggrovigliate le radici, che i semi non siano stati piantati troppo in profondità. È un accudimento il lavoro dell’editor.
4) Ci parli della sua formazione culturale, il suo percorso fra gli autori e le letture.
Non ho avuto una formazione letteraria. Sono laureata in scienze politiche, e per un lungo periodo di tempo ho letto prevalentemente saggistica, interessandomi soprattutto di storia, economia, geopolitica. La narrativa, e la poesia, sono state un rifugio. Mi permettevano di conoscere un mondo che ancora non si era manifestato, non ancora studiato né raccontato.
5) A chi si ispira nel suo lavoro sui testi, ha un modello di riferimento? È cambiato nel corso del tempo?
Quando lavoro sui testi penso soprattutto al lettore. Mi preoccupo di non mentirgli. Penso costantemente a quello che il libro sta cercando di comunicargli, e me ne prendo la responsabilità. Ogni libro è un atto politico, e il lavoro sui testi si ispira più a un criterio di giustizia che a un modello editoriale.
6) Qual è la parte più difficile del suo lavoro? E la più frustrante?
Sicuramente la cosa più difficile è conciliare la qualità con il bilancio economico di fine anno. La qualità richiede cura, attenzione, creatività. E soprattutto molto tempo. Tutte componenti che non possono confluire in un prezzo di copertina, e che comunque non sono subito visibili a un nostro lettore occasionale. Di frustrante, da parte mia, c’è il non poter leggere abbastanza, ricercare abbastanza, scavare abbastanza. Vorrei leggere tutti i manoscritti interessanti che mi arrivano, tutte le novità in libreria che escono. Eppure non lavoriamo che attorno a una porzione minuscola di quello che ci arriva, e certamente qualcosa lo perdiamo per strada. Ecco, a me dispiace non averlo raccolto e portato con me.
7) Quali autori del passato ha amato? Quali pensa che oggi incontrerebbero difficoltà a essere pubblicati, e perché?
Per me che faccio narrativa contemporanea, il novecento italiano è la storia d’amore che avrei voluto aver vissuto. Hacca ha una collana, Novecento.0, che intende accogliere proprio quelle opere che hanno difficoltà a essere ripubblicate dai grandi marchi. Le riportiamo in libreria, mascherandole un po’, perché possano essere prese in mano come delle novità. Autori e autrici come Libero Bigiaretti, Ottiero Ottieri, Gianna Manzini, Giovanni Russo, raccontano ancora così tanto del nostro paese, che meritano ancora dell’altro tempo per essere letti, e dei nuovi lettori.
8) In che modo è cambiato il modo di leggere? Secondo lei cosa cercano oggi i lettori in un libro?
Una storia, credo.
Oggi si legge molto, tutti leggiamo molto. Si leggono soprattutto scritture brevi, frammentate, attraverso i social network. Si leggono molti commenti, opinioni personali (facebook ne è invasa). Ma le storie? Ecco, credo che – come sempre – il lettore cerchi delle storie che lo catapultino completamente fuori – o perfettamente dentro – la propria, di storia.
Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).