Un editore italiano chiede a un autore affermato, noto per essere tra i fondatori del più importante periodico dedicato all’infanzia, di preparare una serie di libri a scopo didattico che portino i bambini a divertirsi imparando. I due pensano a una confezione particolare per i libri: le copertine di ogni albo saranno disegnate in modo da sembrare pupazzi tridimensionali una volta piegate a cilindro, e ogni cilindro potrà essere inserito dal bambino in una casetta di cartone. I libri così sembreranno tanti personaggi e il piccolo lettore sarà invogliato a leggere senza paura i sei volumetti quadrati: un abbecedario, un libro di aritmetica e geometria elementari, un bestiario in cui ogni animale ha caratteristiche umane, un’enciclopedia “degli oggetti più familiari” e due fiabe. Il progetto editoriale, dal nome La scuola dei giocattoli, ha un buon successo, tanto che l’autore mette in piedi una collana più ampia dedicata alla “prescolastica”.
Una cosa simile avviene, in Italia, nel 1922.
Se è vero che gli anni Settanta rappresentano il massimo fiorire dell’editoria per ragazzi italiana (il Palazzo delle esposizioni inaugurerà tra pochi giorni una mostra dedicata proprio a questo periodo), Antonio Rubino è per molti versi un precursore. Per quanto molte delle sue narrazioni siano, oltre che didattiche, anche abbastanza didascaliche e moraleggianti – in particolare l’aspetto della disciplina come vera crescita del bambino torna spesso, perfino nella sua fiaba più complessa e famosa, Viperetta – Rubino è stato un vero e proprio maestro nel rendere preponderante il linguaggio visivo nella narrazione per i ragazzi. I suoi disegni sono spesso caratterizzati dalla presenza di dettagli che arricchiscono la narrazione e le donano nuovi significati, trascendendo l’idea di illustrazione come aspetto decorativo – e dire che lo stile dell’autore, che viene dall’art déco, non si può certo definire minimalista. In questo è interessante come l’autore non tratti con condiscendenza i bambini, non offrendo loro disegni semplici: Rubino fa tutto il contrario, a dimostrare la sua idea che l’immagine sia la lingua primaria del bambino e che quindi ogni particolare in più rappresenti uno svolgimento maggiore della storia, un’informazione aggiunta. Uno dei volumi de La scuola dei giocattoli, riedito recentemente da Scalapendi Editore, si intitola O di Giotto ed è forse il più interessante della serie. Viene presentato dall’autore come “nomenclatura figurata degli oggetti più familiari”, ma rappresenta in realtà una specie di autobiografia: il protagonista, una figura tonda con la tavolozza dei colori in mano, disegna tanto diventare lui stesso un disegno. È un volume in cui sei pagine sono piene di disegni (tutti i personaggi più celebri di Rubino apparsi negli anni precedenti sul Corriere dei piccoli e altrove), staccati tra loro, senza apparente coerenza. L’autore spiega così la scelta:
“Odigiotto […] credeva di disegnare e invece scriveva. Salvo che invece di scrivere con le lettere dei grandi, scriveva con le lettere dei piccoli.
Le lettere dei grandi sono quelle dell’ABC, che si leggono A, si leggono B e si leggono C.
Le lettere dei piccoli sono i disegni e le figure, che si possono leggere come si vuole. […]
Allora Odigiotto prese i suoi disegni e ne fece un libro senza parole. E questo libro piacque molto ai piccoli, perché ognuno era padrone di leggervi quello che voleva.
E questo libro fece molto dispetto ai grandi, che mancando di fantasia, non sanno leggere che le parole scritte.”
È difficile pensare che Rubino sia anche autore di Io, asino primo, dei sei volumi il più classico, con rimandi a Pinocchio: una fiaba-elogio della disciplina e del rigare dritto per i bambini. Anche la Numeretta protagonista dell’abaco è una graziosa bambina che “si fa in due e in quattro” per i fratellini (cucina, lava, stira, …). La forbice tra l’idea militaresca del bambino e della bambina come piccoli adulti che devono pensare al loro dovere e l’elogio dell’immaginazione e dell’errore che fa da sfondo alla stessa idea della Scuola dei giocattoli è molto grande. Anche Viperetta che per imparare a diventare una brava bambina vola sulla luna è una storia piena di sfumature, a partire dal fatto che si parla della formazione di una bimba che ha tutto l’aspetto e il carattere di una maschietta, non certo di una futura donna punita. È difficile capire quanto sia responsabile l’autore e quanto il periodo di questi concetti.
“Insomma Odigiotto disegnò un mucchio di figure sbagliate. E fece bene. Perché, se le figure fossero state giuste, i bambini guardandole avrebbero detto: – Queste figure assomigliano alle cose che si vedono tutti i giorni. – E si sarebbero annoiati.”
Spesso sono proprio le immagini a suggerire al lettore una storia più complessa di quanto appaia; e anche nei volumi più classici come Bestie per bene l’associazione di due elementi molto diversi (la civiltà e gli animali) porta a disegni curiosi, che paiono fatti apposta per accendere idee nuove nella testa del bambino. Rubino rappresenta ancora un autore importantissimo per l’alfabetizzazione visiva dei bambini, per la complessità che non si stanca mai di proporre ai lettori e la ricercatezza di ogni personaggio – come se l’autore suggerisse anche a noi una possibile lettura del suo concetto di disciplina, dicendoci che il rigore stilistico può portare a grandissimi voli di fantasia.
Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).