Orario: Di sera. Dalle 19 in poi fino a tardi. Il primo libro soprattutto perché lavoravo. E poi perché quando scrivevo mi venivano i sensi di colpa, pensavo di perdere del tempo. Adesso scrivere è il mio lavoro. Riesco ad avere qualche momento produttivo di mattina. Mai troppo presto però perché non mi sveglio. Diciamo che il proverbio ‘il mattino ha l’oro in bocca’ non mi appartiene.
Luogo: Casa. Scrivo sempre a casa mia. Nel mese che ho passato recentemente a Cagliari scrivevo anche in biblioteca, poi prendevo l’autobus e andavo in spiaggia. Scrivevo anche sdraiata a letto. Ma era una casa di vacanza. A Roma sempre alla scrivania.
Scrivania: Ikea, nera, grande. Disordinata. Coperta di fogli e posacenere e tazzine di caffè, bottiglie di birra. Ogni tanto la pulisco e risistemo e l’ordine dura due o tre giorni, poi si ritorna alla condizione precedente. Ho cambiato casa tra il primo e il secondo romanzo, però mi sono portata la scrivania. Scrivo con un muro davanti, una lavagnetta magnetica con appunti e foto, cartoline.
Sedia: Rossa, con le ruote. Il mio sogno è comprarmi una di quelle senza schienale dove appoggi le ginocchia e stai dritto.
Strumenti: Computer, un mac vecchiotto. Non scrivo a penna se non appunti. O la poesia, quando scrivevo poesia non la portavo sul computer fino a che non era finita, perché la poesia è più visuale.
Routine: Nessuna. Provo a non scrivere nei weekend. Non ci riesco, forse questo è legato all’idea di non aver interiorizzato che scrivere è un lavoro. Finisco a farlo, è così rilassante scrivere la domenica pomeriggio.
Città o casetta sperduta nel bosco: Città. Ho bisogno di scendere e fare la spesa al mercato. Di avere persone intorno. Forse perché vengo da un paesino e quindi ho bisogno della città.
Appunti: Schemi, incroci, tabelle. Le rifaccio e modifico periodicamente, le cambio. Mi servono molto, mi danno l’illusione che stia capendo la struttura. Credo provenga dallo studio, dagli anni del dottorato. Mentre scrivevo Dove finisce Roma, ambientato durante gli anni della guerra, avevo fatto una griglia con le date e gli eventi storici e ciò che avveniva ai personaggi.
Testa: Scrivo nella mia testa. Sempre. Mentre ero in Sardegna mi era venuta un’idea che avrebbe risolto il problema di uno dei personaggi. Era perfetta. Poi l’ho dimenticata, per due mesi mi sono dannata per questa cosa. Uno dovrebbe sempre segnarsi le cose.
Necessità: Le sigarette. Non potrei scrivere senza fumare. Poi con il tabacco non sai quante ne fumi, è più una compagnia costante, senza la fumata nevrotica delle sigarette industriali.
Internet: Sì. Con la scusa del ricercare informazioni. Se riesci a concentrarti non è grave. E poi farsi un giro su Twitter è un po’ come alzarsi e andare a prendersi un caffè.
Leggere: Niente legato a quello che sto scrivendo. A volte non leggo proprio mentre scrivo, oppure saggistica, graphic novels.
Sicurezza: Nessun ansia di perdere i file. Nessun hard disk. A volte ci penso, magari mi mando una mail con gli allegati.
Obiettivo giornaliero: Legato più agli eventi, o ai personaggi, alle descrizioni, alle ambientazioni. Non mi pongo limiti di pagine. Scrivo poco, faccio più un lavoro di aggiunta.
Pausa: Cucinare. Riesco a non mangiare per molto tempo. Però mi piace cucinare e faccio pause in cucina. Qualsiasi orario, magari alle 5 del pomeriggio, quando ho bisogno di staccare. Cucino per cucinare, mi riposo facendolo, e poi magari mangio davanti al computer.
Blocchi: Quando ho un blocco forte esco. Decido che per quel giorno lascio perdere.
Impedimenti: Pigrizia. Poi le altre cose di cui mi occupo, come l’organizzazione di un festival. Ci sono periodi di non scrittura.
Premio: Nessuno, se non uscire a fare aperitivo con gli amici. Bere.
Riti: Nessuno legato alla scrittura. Su altre cose sì, non sulla scrittura.
Numero caffè: Esclusi quello della mattina e del dopo pranzo, almeno sette o otto al giorno. Moka.
Musica: No. Non riesco ad ascoltare musica mentre scrivo. Persone che parlano intorno a me sì, ma non la musica, al massimo strumentale, senza parole. Preferisco scrivere nel silenzio.
Foto di copertina: Scrivania dell’autrice, di mattina, quando è ordinata.
Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).